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Quando le carestie diventano ricatto: il caso Sahel

Mauro Armanino martedì 15 maggio 2018
All'Oim (Organizzazione internazionale delle migrazioni), si transita per tornare a casa dopo un'avventura migrante fallita. Per i numerosi ospiti dei centri di Niamey c'è diritto a mezzo pane asciutto la mattina, qualcosa di decente verso il mezzodì e la cena frugale alle 18. Tra i pasti citati c'è quello confezionato da chi mendica cibo in giro per il quartiere, in attesa che si realizzino le condizioni per la partenza. Probabilmente non tutto quanto è destinato ai migranti arriva a destinazione. In fondo gli impiegati non hanno torto. Anche i cittadini normali della città hanno fame, e la prima migrazione della storia è quella dei piedi guidati dallo stomaco. Ormai si sa. Le carestie del Sahel sono diversamente annunciate, apprezzate e vendute. Da ogni parte, alla faccia delle millantate tre "N" del rinascimento nigerino, i granai sono desolati e vuoti. Le tre enne maiuscole, i Nigerini che Nutrono i Nigerini, funziona sulla carta dei ministeri e dei donatori di fondi del pronto intervento che arriva in ritardo. I sistemi di allerta precoce non mancano e neppure i rapporti che fanno della fame potenziale il loro "piatto forte". Le carestie sono un sistema di controllo politico.
In uno di questi rapporti, stilato dal Comitato inter-statale di lotta contro la siccità nel Sahel (Cilss), si parla di oltre 7 milioni di persone minacciate dalla carestia nel Sahel e nell'Africa Occidentale. La scarsa pioggia, le cavallette, i conflitti armati, gli spostamenti di popolazione, la ricerca di pascoli degli allevatori di bestiame e altri fattori contribuiscono alle carestie annunciate. Lo studio sulla vulnerabilità all'insicurezza alimentare delle famiglie del Niger che vivono in ambito rurale, realizzata dall'Istituto nazionale delle statistiche, rivela che 2,67 milioni di persone si trovano in insicurezza alimentare. Rappresentano il 14,5% della popolazione. Ancora questo rapporto aggiunge che quasi 6 milioni di cittadini sono ritenuti "a rischio", cioè in uno stato di fragile sicurezza alimentare. In alcune regioni la percentuale della popolazione in stato di insicurezza alimentare grave o moderata sfiora il 25%. Siamo in buona compagnia. L'ultimo rapporto mondiale sulle crisi alimentari ricorda che nel 2017 circa 124 milioni di persone hanno sofferto dello stesso "male".
Le carestie sono talvolta negate o vengono taciute il più a lungo possibile. Ma ci sono pure quelle create e, infine, vanno notate bene quelle pubblicizzate come strumento di propaganda umanitario. Cicliche, come un calendario immaginario delle stagioni. E invece e anzitutto sono il frutto di scelte politiche dei governanti. Nel Niger e in altri Paesi come questo, ad esempio, il 15% del bilancio dello Stato è devoluto alla sicurezza (dal terrorismo e delle frontiere). L'educazione, contrariamente alle promesse presidenziali, invece del 25%, usufruisce di meno del 10% delle risorse. Le scuole secondarie e le università, non casualmente, sono chiuse e l'anno "bianco" non è dichiarato solo per timore di una penalizzazione. La giustizia è in stato fallimentare, e lo testimoniano gli ultimi sviluppi in una società civile decapitata con detenzioni illimitate e delocalizzate, e essa si riserva appena l'1%. All'agricoltura e all'allevamento, cruciali per dare cibo alla gente, rimane da destinare uno squallido 5,6%. Le crisi alimentari sono dunque quanto rimane della politica che sceglie di armarsi, organizzare lo spettacolo e pensare al futuro dei ricchi.
Ma è soprattutto alle politiche internazionali che dovrebbe rivolgersi lo sguardo di chi cerca di capire la non ineluttabilità delle crisi alimentari. Lo smantellamento dell'agricoltura famigliare, nella migliore delle ipotesi lasciata a se stessa. L'incuria delle reti di sostegno e comunicazione (le strade, ad esempio) e la priorità data alle industrie estrattive creano le condizioni per privilegiare interessi privati in terreni arabili. Il ricatto è politico nel senso che il cibo, arma temibile, si negozia coi politici per la gestione e distribuzione che si adeguano alle alleanze politiche del momento. Dimmi cosa non mangi e ti dirò chi che partito sei. Le carestie sono, da sempre, un ricatto politico.
Niamey, maggio 2018