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Quando l'ateismo vuol diventare religione

Pier Giorgio Liverani domenica 14 gennaio 2007
E' singolare il modo in cui i non credenti si occupano di religione, di Vangelo, di Gesù Cristo, di Dio (scrivo "non credenti", non "atei", perché nessuno può essere "senza Dio"). Il ds Luciano Violante dice all'Unità (venerdì 12) che la futura legge sulla libertà religiosa dovrà «tutelare anche i diritti di chi non ha alcuna religione, perché ateo». Non stupitevi: spesso l'ateismo (che nel suo nome presume Dio) è professato come una nuova religione. Sempre sull'Unità (lunedì 8) Luigi Cancrini giudica che «il valore delle parole di Gesù sia più chiaro ai laici che alla Curia». Per esempio: «Gesù ha modificato il Vecchio Testamento» e «il musical Jesus Christ superstar spiega meglio di tanti preti e di tanto Catechismo la contraddizione profonda introdotta da Gesù nella figura del prete che si sente ministro di Dio». Corrado Augias, su Repubblica (martedì 9), parla della «volontà di Dio» attribuendone alla Chiesa una lettura che ne farebbe un "Dio tappabuchi" (come diceva Dietrich Bonhöffer), una specie di pronto intervento sostitutivo e condizionato, però, dalle nostre scoperte tecnico-scientifiche. Proprio queste, invece, dimostrano la verità di ciò che già il Vaticano II affermava: "Chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza avvertirlo viene come condotto dalla mano di Dio", il quale provvidenzialmente ha tutto predisposto affinché sia portato alla luce al momento giusto della storia dell'uomo e quando questi ne ha la capacità e il bisogno (un esempio fresco: le cellule staminali nel liquido amniotico).DIALOGO "LAICO"Il presidente emerito Gustavo Zagrebelsky (Repubblica, mercoledì 10) contesta che la Chiesa voglia davvero il dialogo con il mondo "laico". Con una lunga argomentazione spiega che «il dialogo onesto è impossibile», perché «l'interlocutore non cattolico, per la Chiesa, è uno che, in moralità e razionalità, vale poco o niente» e merita «disprezzo». Inutile contro-argomentare: basta la descrizione iniziale che lo stesso Zagrebelsky fa del non-dialogo: «Se si parte dal presupposto che l'altro non è solo uno che pensa diversamente, ma è uno da meno o, addirittura, è un mentecatto o un immorale, il dialogo sarà perfettamente inutile [...] Dove vige questo pregiudizio, ci si ignora o ci si combatte [...] ma dialogare onestamente, no, non si potrà. Il maestro del dialogo è quel Socrate che giungeva perfino a gioire di soccombere nella discussione». Descrizione perfetta del quotidiano atteggiamento laicista nei confronti dei cattolici, trattati come figli di un idolo minore, privi di ragione e di idee proprie e nemici della scienza.BENE O MALE COMUNE?A proposito di Pacs: «Non si capisce che danno sociale possa derivare dal consentire a relazioni di amore e solidarietà di dare luogo a diritti e responsabilità anche con rilevanza pubblica invece di rimanere nella clandestinità»: così scrive Chiara Saraceno su La Stampa (mercoledì 10). Forse dimentica che la società non è una coesistenza di monadi, ma una convivenza in condizione di bene comune e che, per conseguirlo in democrazia, ciascuno lavora per realizzare il proprio progetto. Anche chi sa che indebolendo le basi della società se ne mette in pericolo proprio il bene comune.