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Quando i sociologi giocano al matrimonio

Pier Giorgio Liverani domenica 14 ottobre 2012
L'ultima bordata "scientifica" contro la famiglia l'ha sparata Chiara Saraceno, che ha insegnato Sociologia della famiglia all'Università di Torino e ora è professore di ricerca al Wissenschaftszentrum für Sozialforschung di Berlino. Ha scritto un libro dedicato a dimostrare che «non vi è nulla di meno naturale della famiglia» e Nadia Urbinati, cattedratica di scienze politiche alla Columbia University di New York, gli ha dedicato (Repubblica, "Il gioco delle coppie", giovedì 11) una specie di peana, «nonostante l'articolo 29 della nostra Costituzione» («La famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio»). La Urbinati, che recensisce il libro, ricava l'innaturalità della famiglia dal contrasto (inesistente) tra l'art. 29 della Costituzione e il seguente art. 30 «che equipara i diritti dei figli "naturali" a quelli dei "legittimi"» e obbliga, in ogni caso, i genitori sposati o no alla cura dei figli. Da ciò Saraceno ricava che «è la presenza dei figli, non il matrimonio, che origina una famiglia». Già «nel Seicento, John Locke aveva proposto di considerare la famiglia come un'associazione funzionale al bisogno di cura e di educazione dei nuovi nati, destinata a esaurire il suo scopo con l'avvenuta maturità dei figli» (è una temporaneità che, però, molti tribunali negano, obbligando a mantenere i figli disoccupati o disabili anche se adulti). Dal che si dovrebbe dedurre, per esempio: 1) che due sposi i quali non riescono ad avere figli perdono la definizione di famiglia quando questa impossibilità è accertata; 2) che l'esito sarebbe il medesimo in caso di morte dei figli; 3) che i figli adulti non avrebbero più obblighi verso i genitori anziani o malati, i quali non sarebbero più la loro famiglia; 4) che, allora, il divorzio dovrebbe essere vietato finché i figli sono in famiglia; 5) che ancor più i registri delle coppie di fatto servono a nulla; 6) che la semplice idea di un matrimonio omosessuale è assurda. Almeno quest'ultima deduzione dovrebbe essere sottoscritta dalla Saraceno, essendo perfettamente logica, perché, per definizione, il matrimonio è socialmente, costituzionalmente, civilmente e religiosamente orientato alla procreazione. Ed ecco come si dovrebbe svolgere questo nuovo «gioco delle coppie»: A) «La coppia segue la scelta degli individui tanto nella struttura quanto nella sua composizione»; B) «Se la legge interviene, lo dovrà fare in modo tale da non contrapporsi alla volontà, alla libertà di scelta e alla reciprocità», cioè ai «diritti» dei due soggetti; C) così si eliminano «i problemi con le tradizioni e le religioni che tormentano la nostra società». Insomma: Saraceno e Urbinati pensano forse di ridurre il matrimonio da istituzione civile e da sacramento a un semplice gioco di società?SOLO ABITUDINESu Il Giornale (domenica 7) appare una bella foto di un affettuoso bacio tra Pannella e Vittorio Feltri. Si vogliono bene perché «combattono insieme» la battaglia a favore dell'eutanasia: un sostantivo – scrive il secondo – che «fa più paura del suo significato» e che suscita «scalpore e polemiche, perché non siamo abituati a pratiche del genere, ma basta un piccolo ragionamento per superare il disagio psicologico». Anche l'eutanasia, con l'abitudine, diventerà un gioco di società?