Caro Avvenire, un sondaggio semiserio è stato lanciato sul gruppo Facebook della città di Asti, capoluogo di provincia con oltre 70mila abitanti. Il quesito proposto ai 43mila iscritti recitava così: «Secondo voi, quale delle seguenti figure professionali scompariranno con l’avvento dell’intelligenza artificiale da qui a dieci anni?». Questo il risultato: giornalista carta stampata 42%; portalettere 10%; bancario/assicuratore 9%; insegnante 8%; Papa 6%...
Stefano Masino
Asti
Caro Masino, sorridiamo volentieri alle risposte date dai suoi concittadini. Ma dobbiamo essere terribilmente seri a proposito degli effetti sul lavoro dell’intelligenza artificiale. Vi sono stime di milioni di posti che in pochi anni verrebbero cancellati dalle nuove applicazioni di IA generativa, quella che è in grado di instaurare un dialogo appropriato con un cliente, anche infuriato (esistono già robot industriali che si bloccano quando sentono troppe parolacce nella linea di montaggio in cui sono inseriti).
Forse per la prima volta nella storia, a essere minacciati da un progresso tecnologico non sono i mestieri meno qualificati o ripetitivi. A dovere temere per la propria sedia e la propria scrivania sono i quadri intermedi, coloro che svolgono compiti complessi ma non così tanto da non potere essere presi in carico da un software avanzato.
Spesso le previsioni distopiche sul progresso che avanza si rivelano sbagliate per eccesso o per difetto. Conviene, quindi, essere cauti nel vaticinare catastrofi sociali. Certamente caleranno i costi di produzione di beni o servizi, e i consumatori ne avranno qualche beneficio (dico qualche, perché un altro tema centrale è la concentrazione dei profitti in capo alle poche società leader nel settore dell’intelligenza artificiale). Invece nulla di buono si annuncia per chi fornisce attualmente le prestazioni che un algoritmo può produrre instancabilmente senza errori.
Categorie ben definite, come gli sceneggiatori di Hollywood, hanno ancora un potere contrattuale sufficiente per spuntare qualche forma di tutela, seppure a prezzo di uno sciopero lunghissimo e oneroso. Impiegati o analisti lontani dai vertici aziendali non troveranno forme di protesta adeguate né altri dipendenti scenderanno in strada per la loro causa.
Come dice il sondaggio astigiano, gli stessi servizi giornalistici risultano automatizzabili per una certa parte. Ma lo sono anche quelli bancari e assicurativi, malgrado l’opinione dei rispondenti in questo caso sia diversa. Il Papa, per fortuna, dovrebbe salvarsi, e anche Francesco si farebbe una bella risata in proposito (qualche suo predecessore non avrebbe apprezzato per nulla l’ironia: come vede, caro Masino, i tempi cambiano per tutto, non solo per l’economia).
Che fare?, ci si chiede ai grandi tornanti della storia. Le macchine devono essere per l’uomo e non l’uomo per le macchine. Ricetta facile, ma che contiene una verità e indica una linea di condotta. A che cosa ci serve ChatGPT se poi metà della popolazione è disoccupata? Dobbiamo pensarci da subito, anche con un nuovo tipo di regolamentazione che preservi la componente dei lavoratori in carne e ossa. Non perché siamo passatisti, tutt’altro. Ci sta però a cuore l’efficienza complessiva della società, in cui ogni cittadino possa fiorire con un’attività significativa, e non la mera efficienza per unità di prodotto.
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