Quale pensiero politico nella web-democrazia?
Prima dell'affermazione del Movimento 5 Stelle, la risposta era lineare. In molti casi era agevole individuare un "dietro le quinte", una Fondazione o un'Associazione legata a quel partito, da cui scaturivano idee e suggestioni che avrebbero ispirato poi le politiche pubbliche. Beninteso, questo sistema di derivazione americana non garantiva la qualità del pensiero politico. Anzi. Come avevo scritto nel libro Opzione Zero, già l'Italia del bipolarismo sembrava aver "scelto" (più o meno consapevolmente) che il pensiero politico non valesse la pena d'esser pensato. Tramontate le scuole di partito e venuto meno il ruolo dei loro mitici funzionari, le fondazioni e i think tank nel nostro Paese sembrano aver "fallito" la loro missione: in media poco influenti e provinciali, con scarsa produzione scientifica e bassa visibilità media.
La risposta alla fatidica domanda, oggi, è diventata complessa. Estremizzando il ragionamento: se gli strumenti di coinvolgimento sono diventati le piattaforme web e i gazebo in piazza, lo spazio per la riflessione analitica sembra ridotto al lumicino. E se il confronto strutturato con esperti e opinion leader è percepito come "contaminazione" della purezza del pensiero popolare, lo spazio per contributi esterni ai "cerchi magici" che guidano i partiti/movimenti vincitori delle elezioni sembra azzerato.
Ma come sempre, è inutile affrontare la questione secondo modalità apocalittiche (puntualmente sconfitte dalla storia). Il caso di evoluzione più interessante è proprio quello dei 5 stelle: dopo le votazioni online su qualsiasi tema e su qualsiasi decisione, la sfida di Governo sta segnando una fase di "necessaria maturità". Anticipata da iniziative di riflessione pubblica sui temi cruciali per una gestione innovativa della società italiana, a partire dal lavoro.
In attesa di comprendere appieno le nuove forme di alimentazione del pensiero politico, per amore della verità bisogna ricordare che in Italia manca tradizionalmente un ceto dirigente pubblico e privato che abbia una visione "di sistema". E, come scriveva 90 anni fa Piero Gobetti ne "La Rivoluzione Liberale", «senza conservatori e senza rivoluzionari, l'Italia è diventata la patria naturale del costume demagogico».