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Qualcosa che mancava

Marina Corradi domenica 7 gennaio 2024
Ho preciso, nella memoria, il suo viso magro e nobilmente anziano, gli occhiali dorati, i radi capelli grigi. La corporatura minuta e un po’ curva sotto al peso di una gran borsa nera. Il dottor Mazzola era il pediatra di noi bambini. Un’influenza, un morbillo, e accorreva. Io ero a letto con i brividi, confusa da un febbrone. Lo rivedo che siede sulla coperta e mi saluta, i suoi occhi grigi che già mi inquadrano attenti. Lo stetoscopio freddo sulla schiena: “Respira”, “Fuori la lingua”, “Dove ti fa male?” Una visita di altri tempi, e tuttavia il dottor Mazzola rapidamente, toccando delicato, guardando, capiva. Il rimedio c’era sempre, nel suo borsone nero - ai miei occhi magico, panacea per ogni male. Ma in realtà il dottore mi guariva già con la sua faccia buona. Sui sei anni cominciai ad elaborare uno strano sogno a occhi aperti: che un giorno all’uscita da scuola ci fosse ad aspettarmi il dottor Mazzola. Mi prendeva per mano, e io ero incredibilmente felice che fosse venuto lui per riportarmi a casa, coi suoi capelli grigi e la sua borsa con cui curava ogni malanno, e quella mano che stringeva, forte, la mia. Un vecchio padre che venisse a prendermi: mi ripetevo fra me il mio sogno, senza dirlo a nessuno. Assurdo, infantile desiderio di un abbraccio che guarisse ogni ombra - l’abbraccio di un altro Padre, più grande. © riproduzione riservata