L'eccellente iniziativa di un gruppo di studiosi delle università di Firenze, Genova e Pavia, ha prodotto il primo numero dei “Quaderni montaliani”, «rivista che aspira a offrire un nuovo spazio editoriale alle ricerche critiche e filologiche intorno al grande poeta» diretta da Roberto Cicala ed edita da Interlinea. La direzione scientifica è affidata a un manipolo di montalisti di provata fede, e le recensioni fanno riferimento all'ultimo triennio (dal 2019 in poi) di stampe montaliane. Ecco, dunque, un aggiornamento accademico della bibliografia montaliana che sulle prime avrebbe stimolato l'ironia di Montale. Peraltro, il poeta ben conscio del proprio valore, ne sarebbe stato lusingato. Il pezzo più accattivante del primo “Quaderno” è Eugenio Montale, poeta suo malgrado, testo di una conferenza che il poeta pronunciò (elenco incompleto) a Lugano, Zurigo, Ginevra, Friburgo, Barcellona, Madrid, Atene… negli anni 1947-1962 e che, curiosamente, non era mai stata data alle stampe. È un autocommento che la curatrice Gianfranca Lavezzi documenta con acribia accademica, all'altezza della famosa e pubblicatissima Intervista immaginaria, sul rapporto tra poesia e vita, centrale nell'immaginario montaliano. Montale scrive: «Mi procurai anch'io, a suo tempo, un'infarinatura di psicanalisi, ma pur senza ricorrere a quei lumi pensai presto, e ancora penso, che l'arte sia la forma di vita di chi veramente non vive: un compenso, o un surrogato. Ciò peraltro non giustifica alcuna deliberata turris eburnea: un poeta non deve rinunciare alla vita. È la vita che s'incarica di sfuggirgli». Asserzione perentoria e conclusiva. Gli ascoltatori di quella lontana conferenza ebbero informazioni anche su Dora Markus, una delle poesie montaliane più emblematiche. È composta di due strofe, la prima è riferita a Dora Markus, che Montale non conobbe mai. Anni dopo si seppe della pudica fotografia delle gambe di Dora (gonna al ginocchio, scarpe col laccetto) che Bobi Bazlen mandò a Montale chiedendogli di ispirarsene per una poesia; la seconda parte è dedicata a Gerti (Tolazzi), protagonista del Carnevale di Gerti nelle Occasioni. Tra il pubblico di Lugano ad ascoltare Poeta suo malgrado, c'era Gerti in persona e il poeta così ne scrisse alla moglie: «Mentre stavo leggendo 2 righe sulla “decadenza” della Gerti ho visto la medesima in prima fila e ho dovuto tagliare precipitosamente quel brano. È un rudere, vive con un direttore di dogana a Ponte Tresa». Così il grande poeta trattava le sue ispiratrici. Tra il pubblico della conferenza era presente anche il poeta Giorgio Orelli, il quale ricordò che quando Montale si accorse di Gerti «s'interruppe, balbettò, cucì come poté fra i tic della faccia un disfacimento del personaggio». Quella sera, continua Orelli, «la Gerti assediò col suo antico affetto il poeta, che salutandomi sulla soglia dell'albergo mi disse: “Pensa che non le ho mai dato un bacio, era come un uccellino, diceva soltanto sì, sì, sì sì”».