Lu trattenimento de li piccirille è il titolo vero del Cunto de li cunti, il capolavoro barocco della fiaba portato di recente sullo schermo da Matteo Garrone. Divertimento per li ragazzi è il titolo che Domenico Tiepolo dette alle sue 104 carte sulla vita di Pulcinella (a illustrare Pulcinella si era dedicato anche il padre Giambattista). Considerare il proprio lavoro come divertimento per bambini e ragazzi era, ovviamente, una scusa. Due ritorni a Pulcinella sono attualissimi: un film di Pietro Marcello (l’autore di La bocca del lupo) che si intitola Bella e perduta (l’Italia) e che uscirà a giorni nelle sale, e un saggio di Giorgio Agamben, filosofo ben noto, che parte dai Tiepolo e lo illustra con le loro immagini (Pulcinella ovvero Divertimento per li ragazzi, nottetempo). Un film insolito e affascinante, un saggio insolito e affascinante. Sulla maschera di Pulcinella, fondamentale tra tutte, hanno scritto in tanti, da Croce a Domenico Scafoglio, da Toschi a Bragaglia, etnologi e storici del teatro, filosofi e perfino religiosi. Ricordo un bel libro di un gesuita napoletano (Di Majo? la mia memoria va svanendo) che mi capitò di presentare a Milano insieme a Stefano De Matteis accompagnato da uno spettacolo di burattini dell’ultimo grande pulcinellaro tuttora attivo, Brunello Leone. Sarebbe interessante confrontare il Pulcinella di Agamben con quello di Marcello come varianti e, il primo, sintesi e attualizzazione di una figura fondamentale nella storia della cultura popolare e non solo di quella. Tragicità del comico, vicinanza del comico al tragico, attualità degli aspetti vitali della maschera nella sua riassuntiva alterità e nelle sue reazioni alla scarsità e all’insicurezza, nel suo parlarci da un’altra dimensione tuttavia ben radicandosi nella nostra. Il comico, il tragico, il sacro… Nell’immensa aneddotica napoletana figura, raccontato da molti, l’episodio del predicatore che cerca di parlare in piazza reggendo una croce e vedendosi soppiantato nell’interesse della folla da uno spettacolo di Pulcinella, indica il Crocefisso e grida: «Qui dovete venire, perché è questo il vero Pulcinella!». Suggerisce Agamben che Pulcinella ritorna quando un mondo sta per finire e un altro ne sta per nascere. Nel film di Marcello, Pulcinella gira sconsolato il paese insieme a un giovane bufalo che altrimenti verrebbe ucciso (solo le bufale vivono, per il loro prezioso latte), e il loro è un dialogo sociale e sacro insieme, è di sempre ma dentro il nostro oggi, si muove tra presente ed eterno, ma alla fine di un mondo.