Ieri ("Il Fatto", p. 1): «I finti santini: Berlinguer, Ingrao, Iotti». Tra passato e presente dispute con richiami anche a fede e Chiesa. Qui di recente ampio dialogo a più voci sul «compromesso storico», e quindi in particolare su Berlinguer. Per me la sorpresa di non vederne al centro il ricordo che quel progetto politico e ideale comportava la rinuncia del Pci al legame obbligato con l'ateismo marxista-leninista: proclamata nella Lettera a monsignor Bettazzi (settembre 1977) fu ufficializzata (inizio 1978) con l'abrogazione di un articolo dello Statuto. Il progetto "vedeva" l'alleanza tra ciò che per molti era allora il meglio del mondo cattolico-democratico e il meglio del movimento operaio italiano. Nella storia italiana mi pare l'unico progetto politico-ideale di grande portata degli ultimi 40 anni: la liberazione tentata, da una parte, dal dogmatismo ideologico materialista e ateo e dall'altra dall'identificazione forzata tra Dc e comunità cattolica reale. Quel progetto fallì, fu fatto fallire, con l'assassinio di Aldo Moro. Oggi l'occasione per ricordare quella realtà non è diretta, ma arriva per le polemiche sul Sì o sul No al prossimo referendum costituzionale. A me pare un bene che i cattolici siano in ambedue i campi. È quindi un bene che persone certamente non estranee al progetto di Berlinguer e conosciute anche come cattoliche, penso per esempio a Livia Turco, siano considerate capaci di dare un contributo anche oggi. L'Italia – certi laicisti nostrani lo capiranno mai? – non sarà mai se stessa senza l'apporto di servizio, disinteressato e rispettato come tale, del mondo cattolico come popolo di cittadini liberi e responsabili. La scelta di fede, o di rifiuto della fede, è e dev'essere libera nella coscienza, anche per le risposte ai referendum di una parte contro un'altra.