Caro Avvenire, mi aspettavo da parte del Governo Meloni il rispetto dell’autonomia e indipendenza di potere politico e potere giudiziario, capisaldi fondamentali dello Stato costituzionale. Prevale, come sempre, il richiamo della foresta... Ma quale “difesa dei confini”. I confini si difendono da attacchi armati di potenze straniere, non certo da 147 naufraghi disperati.
Celso Vassalini
Brescia
Caro Avvenire, ora l'avvocato Bongiorno dovrà spiegare al ministro Salvini il perché della richiesta nei suoi confronti di 6 anni di reclusione per «sequestro di migranti». Esistono leggi, internazionali e umanitarie, che prevalgono sul diritto nazionale. Tutti i marinai del mondo, militari e civili, sanno che un uomo in mare, in balia delle onde, va salvato.
Stefano Masino
Asti
Caro Avvenire, la mia piena solidarietà al ministro Salvini, siamo strapieni di immigrati che vengono qua per fare la bella vita a spese nostre. Chi li vuole se li porti in casa propria. I miei figli, nipoti, cugini e conoscenti si associano a questa mia lettera.
Emilia Sargentini
Caro Avvenire, la questione Open Arms-Salvini potrebbe avere come sottotitolo “Quando l’ideologia annebbia la mente e indurisce il cuore”. A parte la dolente constatazione dei tempi lunghi della nostra giustizia – sono passati ben 5 anni dal misfatto – ci sono situazioni, momenti nella vita di ciascuno in cui è doveroso e necessario prendere posizione netta, ascoltando prima la propria coscienza di uomo ancorché di cristiano, e mettendo a tacere l'ordine del leader politico di turno.
Roberto Cortese
Lerici (Sp)
Cari lettori, do spazio oggi a numerose voci di segno diverso per rendere esplicito come il tema della gestione delle migrazioni possa suscitare emozioni e ragionamenti molto variegati. Ci sono, nelle vostre considerazioni, alcune delle principali angolazioni da cui si deve valutare una vicenda complessa, che è sia umanitaria sia politica sia giudiziaria. Il fatto in sé costituisce l’oggetto della valutazione penale. Gli elementi risultano ormai noti e sono ulteriormente ripresi nelle pagine precedenti dell’edizione odierna di “Avvenire”, la cui linea è chiara: salvataggio e prima accoglienza per chi è in difficoltà sul mare sono doveri civili sanciti dal diritto internazionale, senza deroghe.
Nel caso specifico, non si è trattato di soccorso d’emergenza negato, ma di una prova di forza del ministro Salvini contro le Ong e di un messaggio politico all’opinione pubblica sulla pelle dei profughi costretti a bordo della “Open Arms” in violazione di normative vigenti. Deciderà il tribunale di Palermo in primo grado se ciò configuri un reato, eventualmente meritevole di quale di pena. Si possono criticare i magistrati? Ovviamente, sì.
Ma i poteri dello Stato dovrebbero rispettarsi l’un l’altro e non interferire con l’espletamento dei rispettivi uffici. Tanto più che il via libera al processo, come previsto dalla Costituzione all’articolo 96 circa i reati ministeriali, l’ha dato il Senato nel luglio 2020, contro il parere della sua stessa giunta per le autorizzazioni a procedere. I legislatori fanno le norme, i giudici sanzionano chi le viola. Lavorare con dedizione nel proprio ambito aiuta il corretto funzionamento di una liberal-democrazia che ha a cuore il bene di tutti i cittadini.
L’ideale sarebbe quindi per gli imputati eccellenti “difendersi nel processo” e non “difendersi dal processo”, ovvero delegittimare chi li ha perseguiti nei modi previsti dal nostro ordinamento. Forse l’avvocato Giulia Bongiorno, con la sua arringa, convincerà la corte che Matteo Salvini non ha commesso illeciti. In ogni caso, bisogna sciogliere la valutazione politica dalla sentenza.
Fu un errore bloccare la nave, un episodio riprovevole dentro una deleteria strategia di riduzione delle tutele nel Mediterraneo di cui portano le responsabilità tutte le forze politiche che in questi anni le hanno assecondate. Nel 2019, il ministro agì per ostinazione personale, ma c’era anche un premier che poteva intervenire prima. Magari Salvini sarà condannato in primo grado e assolto nei successivi livelli di giudizio. Questo deve renderci tutti un po’ garantisti e meno animosi, dentro tutti gli schieramenti politici.
I migranti non vengono a fare la bella vita in Italia, scappano spesso da guerre, persecuzioni e crisi ambientali. Tuttavia, non basta enunciare lodevoli principi: bisogna lavorare a concrete e sostenibili politiche di integrazione (per esempio, lo ius scholae). Questo il grande compito, comunque vada il processo. Il polverone dei “crucifige” per l’accusato e del “dagli al pm” è ben misero spettacolo che non ci fa compiere passi avanti. E c’è da sperare che non si voglia fare salire l’entità dello scontro istituzionale con iniziative ancora più laceranti.
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