IV Domenica di Pasqua - Anno B
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me e do la mia vita per le pecore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso.
Stabilisce confini oggi Gesù, delimita spazi di senso, posture esistenziali: di qua le pecore di là i lupi, di qua i pastori di là i mercenari, come dire i guardiani a pagamento. O sei l’uno o sei l’altro, senza compromessi, senza mezzi termini. Dall’appartenenza a uno di questi campi scaturiscono le scelte, quelle autentiche, quelle che possono costare la vita. Sei tra quelli che scappa a gambe levate lasciando le pecore tra le mascelle del lupo, facendole sbranare perché tanto “che me ne importa?”. O sei il pastore che le difende, che si mette come scudo tra le sue pecore e il pericolo, rischiando lui stesso e per primo il morso dei lupi? Mi domando quanti tra tutti coloro che hanno compiti di guida siano disposti a tanto. Papa Francesco direbbe: “Ci stai a tal punto con loro che ti porti addosso l’odore delle pecore?” Che è come dire “sei indifferente o ti prendi davvero cura di coloro che ti sono stati affidati?” E nel mondo di Dio, nel suo regno, ogni fratello e sorella mi è affidato. La differenza è tutta là, se me ne importa o non me importa: e così scopriamo che, nel mondo di Dio, ognuno di noi è importante, unico e insostituibile, proprio singolarmente, proprio io in quanto io, Luigi; perché Lui, il pastore, sa anche il mio nome. E il tuo. Di me, di te gli importa tanto da mettersi a correre se mi sperdo nei dirupi; di me, di te non può fare a meno, non si consola con le altre novantanove: io gli manco. “Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri” (Is 40,11): più volte nella Bibbia ricorre questa immagine del pastore, ma oggi Gesù si spinge oltre, fino al limite estremo, fino al “dare la vita”, ripetendolo allo sfinimento. Buono e bello nella traduzione greca coincidono, si indicano con lo stesso termine, kalòs: oggi allora, quando Gesù afferma “io sono il buon pastore”, è come se ci dicesse anche “io sono il pastore bello” di quella bellezza che ci fa venire i brividi, che ci lascia a bocca aperta e col fiato mozzato; la bellezza del donarsi, la stessa di quando l’innamorato dona un fiore alla sua amata, o di quando la mamma offre il seno al suo bambino. Oggi ci dice Gesù: “Ti dò tutto di me fino a confondermi con te, a scegliere di nascere e morire, come te, per te”. Nel mondo di Dio la bellezza è questa, è un amore esagerato per me, per te che altro non siamo che agnellini sul suo petto, ad ascoltare il battito del suo cuore. “Ecco io carezzo la vita, perché profuma di Te” (Rumi): una vita sovrabbondante e inesauribile, la vita di Dio.
(Letture: Atti degli Apostoli 4,8-12; Salmo 117; Prima Lettera di San Giovanni Apostolo 3,1-2; Giovanni 10,11-18)
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