Se si osserva da vicino l’occhio di una capra, si evince distintamente che ha pupille diverse da quelle siamo usi conoscere. La sua non è pupilla verticale e nel mezzo dell’occhio, bensì orizzontale e poco simmetrica. Non è piccola, “a spillo”, di dimensioni ridotte rispetto a quelle dell’iride; è invece slargata, quasi a voler occupare l’intero spazio dell’occhio. Piccole e puntute sono le pupille dei predatori, al centro di occhi la cui funzione e il cui scopo è cogliere, mettere a fuoco, “puntare” i loro bersagli, le prede. Preda, non predatore, è la capra. E tra tutte le prede, quella che più presenta una conformazione dell’occhio “allargata”, ovvero un’iride in buona parte occupata dalla pupilla. Il motivo è opposto e speculare alla precisione selettiva necessaria all’attività del predatore. Riguarda il proteggersi, dunque l’accorgersi di ogni genere di avversario, possibile predatore, altro pericolo o minaccia. La dimensione della pupilla, ovvero la possibilità di campo visivo offerta allo sguardo, è inversamente proporzionale ad aggressività e capacità di autodifesa. Passibile di attacchi, nei suoi occhi slargati la capra ne custodisce la risorsa da opporre come difensiva, una visione quasi a trecentosessanta gradi. Vedere è proteggersi, dall’esser visti soprattutto.
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