«I soldi non fanno la felicità, figuriamoci la miseria». La frase mi arriva come uno schiaffo in pieno viso ogni volta che giro l' angolo di quel muro. Anche oggi. Torno a casa, apro il computer e leggo di Christian, ventidue anni, vittima di un incidente mentre, in motorino, faceva una consegna per lavoro. Entrambe le gambe amputate. Mi fermo, bevo un bicchiere d'acqua. La frase continua a martellarmi i pensieri, e non capisco il motivo. Passano i giorni, seguo con apprensione gli sviluppi riguardanti Christian. Una mattina leggo le sue parole: «Sì, è vero, ho perso le gambe, ma non il cuore. Quindi vorrei cominciare a sfruttare questa seconda vita da qui, dicendovi solo una parola: amate. Amate il più possibile, perché la vita è troppo breve per essere mangiata dall'odio, dall'avidità, da tutti quei pensieri negativi che ognuno si porta sempre dietro come un grosso macigno che pesa sulla schiena. Liberatevene, perché non serve a niente, vi farà solo stare male e stancare senza motivo. Imparate ad apprezzare qualsiasi cosa la vita vi ponga davanti, dal più particolare al più banale dei gesti. Un fiore bellissimo, un tramonto, un abbraccio, il sorriso di un bambino. Imparate ad amare, signori e signore, perché questo mondo ha bisogno di amore più che mai oggi. Non voglio essere io a dirvi cosa fare, sono solo un ragazzo di ventidue anni che ha deciso di sfruttare il suo piccolo incidente di percorso per cercare di mandare un messaggio, che reputo importante». Game, set, match, Christian.
Che lezione da un ventiduenne a cui è improvvisamente cambiata la vita. Una vita che può cambiare in un istante: riempirla di negatività, pensieri pesanti oppure odio vuol dire buttarla via. Fosse anche un'ora, un giorno o un solo attimo. Se speso male è buttato. Hai ragione tu, Christian. Ripassando davanti alla scritta sarò tentato di aggiungere qualcosa su quel muro: i soldi e la miseria non fanno la felicità, la consapevolezza che la vita è una sola e va vissuta bene forse sì.