Sapevamo, ma non abbiamo detto nulla. Anche noi avevamo intuito che sapevano, ma sentirlo ripetere in aula è, come scrivono molti, uno choc. Ponte Morandi, parla l’ad Gianni Mion e la sua confessione finisce sulle prime pagine di martedì 23/5. “Repubblica”: «Morandi, le ammissioni del supermanager». “Libero”: «Rivelazione choc». Precisa Carlo Tarallo sulla “Verità”: «Rivelazioni choc, ma tutt’altro che inedite» perché proprio noi ne avevamo già scritto lo scorso 18 settembre. Luca Fazzo sul “Giornale”: «Quasi una confessione in diretta». A dare più spazio alla vicenda è la “Stampa”, con le prime due pagine e mezza oltre all’apertura in prima: «Morandi, noi sapevamo». Dà la parola a Egle Possetti, presidente del Comitato in ricordo delle vittime: «“A uccidere i nostri cari è stato il loro silenzio”». Così, nel suo commento, Valentina Petrini descrive i manager che tutto sapevano e nulla dissero: «Ecco i volti del campo di battaglia della globalizzazione, di coloro per perseguono il profitto ad ogni costo. Protetti da sistemi di potere e di politica, incapaci di tutelare il bene pubblico sopra ogni cosa. Complici di aver alimentato e coperto un sistema di lobby sulla nostra pelle. Ripetiamolo, perché deve rimanerci scolpito in testa, agitare le nostre coscienze: lo stato di salute del Ponte Morandi era noto otto anni prima di quel maledetto crollo. Nessuno ha mosso un dito per chiuderlo e tutelare la vita umana. 43 esseri umani sono morti e potevano essere salvati». Petrini sembra dare per scontata l’esistenza, in alcuni (molti?), della “coscienza”. Conclusione amarissima: «C’è una percentuale di popolazione sacrificabile, ora lo sappiamo. Ma come è stata calcolata? E soprattutto la malattia e la morte di quanti cittadini si può accettare ancora avvenga per tutelare il profitto di una attività economica?». Se su questo quesito fosse indetto un referendum, non scommetteremmo un soldo bucato sull’esito. Il profitto è dio, per molti. Un dio a cui offrire sacrifici umani. Scrive Massimo Gramellini sul “Corriere”, a proposito di quei manager: «Hanno forse più paura di perdere il posto che l’anima?». Ma i soldi e il posto si vedono e toccano, la coscienza e l’anima chissà? Ripete più volte Gramellini: «Se fosse vero, ma non può essere vero, ci sarebbe da uscirne pazzi».
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