Politica o parrocchia: falsa alternativa Ma l’impegno interroga tutti i credenti
Caro Avvenire,
leggo: il vescovo di Reggio Emilia: “O impegno politico o in parrocchia “. Faccio un salto dalla sedia. Ma come, la mia faccia da “paolotto” è da 40 anni che si vede in chiesa e in Comune. Nella mia comunità pastorale, il parroco ha detto più o meno il contrario.
G. Luca Ghezzi, Zoccorino di Besana in Brianza (Mb)
Caro Avvenire,
dedico il mio tempo da pensionato alla parrocchia, come catechista e ministro straordinario della comunione, e in campo politico, come segretario amministrativo e legale rappresentante di Insieme, il partito fondato sul Manifesto del professor Zamagni. Non sono candidato, mi sembra però singolare il divieto introdotto da monsignor Morandi.
Antonio Trapani Lombardo, Roma
Cari lettori,
la decisione sull’incompatibilità di incarichi politici ed ecclesiali assunta da monsignor Giacomo Morandi, vescovo di Reggio Emilia-Guastalla e arcivescovo ad personam per nomina papale, ha suscitato un’ampia discussione. Il presule, già segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha ritenuto di ampliare anche ai candidati una prassi consolidata e di vietare l’uso di luoghi di culto e strutture parrocchiali per incontri e dibattiti in vista del voto. Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, ha confermato in un colloquio con il “Corriere della Sera” che è «quasi un atto dovuto, per non coinvolgere la comunità nelle contrapposizioni elettorali. La Chiesa in quanto tale non fa direttamente politica».
Lo stesso vescovo non avrebbe voluto grande pubblicità alla sua missiva, indirizzata riservatamente ai parroci. D’altra parte, la dottrina recente dei Papi non ha nessuna remora, anzi, verso l’attivismo dei laici nell’arena pubblica. Disse già Pio XI nel 1927, anche la citazione è più spesso riferita a una ripresa fatta da Paolo VI, che «tale è il campo della politica, che riguarda gli interessi di tutte le società, e che sotto questo riguardo è il campo della più vasta carità, della carità politica, a cui si potrebbe dire null’altro, all’infuori della religione, essere superiore». E se l’impegno a ogni livello degli organismi e delle istituzioni rappresentative oggi non è così sentito tra i credenti - si veda l’ampia inchiesta condotta su queste colonne da Angelo Picariello -, potrebbe apparire che vi sia una contraddizione - come notate voi, cari Ghezzi e Lombardo - tra la ribadita neutralità delle Chiese locali e gli appelli alla partecipazione, sostenuto tra l’altro dalle tante iniziative di formazione socio-politica (ne sono stato recentemente testimone a Pavia, presente il vescovo Sanguineti con autorevoli intellettuali). Non è così, a ben guardare. Lo stesso cardinale Zuppi lo ha precisato: «Se interveniamo su una questione, non lo facciamo perché siamo a favore o contro questo o quel governo. La nostra grande libertà è proprio questa, e la difendiamo». Autonomi ma coinvolti, verrebbe da dire. Che spesso, in mancanza di un soggetto cattolico, significa prendere una posizione che inevitabilmente può essere letta come schierata per uno o l’altro partito. Anche difendendo soltanto principi e valori, resta alto il rischio di fraintendimenti. Un po’, si può concludere, quello che è accaduto con la nota di Reggio Emilia, perché non si può nascondere che le sensibilità nel mondo cattolico siano variegate e una formazione, un leader o una linea che mettano tutti d’accordo all’orizzonte non si vede.