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Politica che condiziona la tecnologia (E viceversa). Ecco un tema decisivo

Andrea Lavazza venerdì 1 marzo 2024
Caro Avvenire, Alec Ross, uno dei maggiori esperti di tecnologia digitale, afferma che nella fortissima competizione fra Stati Uniti e Cina per il predominio nell’Intelligenza Artificiale gli Usa sarebbero primi perché investono di più e perché al governo cinese non piacciono i Large Language Models come ChatGPT in quanto sono molto difficili da controllare. La limitazione della libertà di pensiero danneggia lo sviluppo tecnologico. Dovremmo riflettere su questo aspetto. Cristiano Martorella Caro Martorella, la sua sottolineatura merita di essere tenuta in grande considerazione proprio in questo frangente della storia del mondo in cui le democrazie sono messe sotto stress da una serie di fattori concomitanti. Vorrei aggiungere che la relazione tra politica e scienza-tecnologia è bidirezionale. I governanti che non amano il dissenso cercano di limitare lo sviluppo di strumenti capaci di aggirare i loro tentativi tesi a censurare tutto ciò che risulta sgradito. D’altra parte, il metodo scientifico, con la sua enfasi sulla verifica empirica radicata nei fatti osservabili, sul confronto libero tra studiosi e teorie, sulla falsificabilità di ogni ipotesi senza autorità precostituite contribuisce a formare una mentalità libera e insofferente a ogni regime, proprio perché mostra i vantaggi concreti della società aperta. Assistiamo tuttavia a degli apparenti paradossi. La diffusione dei social media, per eccellenza pubbliche tribune accessibili con estrema facilità, non sembra contribuire al consolidamento di sistemi politici tolleranti, trasparenti ed efficienti. Anzi, le dinamiche innescate dalla partecipazione dei cittadini sul web, soprattutto negli Stati Uniti, stanno peggiorando la qualità della democrazia che è stata a lungo esempio per l’intero Occidente, e anche oltre. Pechino teme ChatGPT e Gemini (il nuovo nato, altrettanto potente) perché possono dare voce a informazioni sgradite, ma il ricorso massivo all’intelligenza artificiale generativa, per esempio con la produzione di testi, audio, video falsi e indistinguibili da quelli autentici, può minare anche la nostra fiducia nelle istituzioni, creando le premesse per l’affermazione di forze radicalmente populiste – e ogni riferimento a Donald Trump e al suo cerchio magico non è causale. Si potrebbe obiettare che nemmeno la scienza in Cina stia contrastando la presa autoritaria dei leader comunisti. Va però ricordato che il grande sviluppo della ricerca è stato finanziato dallo Stato e accompagnato da uno stretto controllo ideologico sulle discipline più sensibili politicamente. Nelle università cinesi c’è un commissario del Partito che esercita un ruolo rilevante. Ciò non significa che molti studiosi non siano in dissenso con la chiusura preconcetta a visioni alternative. La scienza e la cultura restano ponti importantissimi tra i popoli e gli Stati e dovrebbero essere moltiplicati, allargati e rafforzati, non certo interrotti. Per questo preoccupano scelte come quelle di alcune riviste scientifiche polacche che non accettano più articoli di autori russi o degli artisti di tanti Paesi che hanno firmato una petizione per escludere Israele dalla Biennale di Venezia. © riproduzione riservata