Vorrei invitare a riflettere su una polemica sorta in questi giorni che ha visto come protagonista uno dei più stimati e competenti alti funzionari del Paese, il Capo della Polizia. Vediamo i fatti. Il Csm intende chiedere al ministro della Giustizia la modifica di una disposizione introdotta, un po' a sorpresa, in un decreto legislativo dell'agosto scorso (già commentata in questa rubrica, in data 23 febbraio 2017, dove si richiamava anche un precedente, concernente l'Arma dei Carabinieri), che prevede l'obbligo, in capo agli uffici di polizia che generano le notizie relative a informative di reato, di farle risalire attraverso la scala gerarchica, e ciò «indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale»: secondo la proposta (proprio oggi all'ordine del giorno del Csm), ove l'avverbio «indipendentemente» fosse inteso come legittimante un'eccezione o una deroga alle regole sul segreto investigativo, sarebbe a rischio la tutela del medesimo, il quale però costituisce, pacificamente, uno dei capisaldi dell'ordinamento processuale penale. Appresa della proposta del Csm, il Capo della Polizia rilascia un'intervista nella quale sottolinea con forza l'opportunità di tale deroga, ai fini del necessario coordinamento informativo. Ora, a funzionari e agenti di polizia, come a magistrati, militari in servizio attivo e diplomatici, viene chiesto dalla Costituzione di essere imparziali e di apparire tali (art. 98 Cost.). Ai magistrati, pm inclusi, viene chiesto non solo di essere imparziali, ma altresì autonomi e indipendenti, la qual cosa non ricorre (e logicamente non deve ricorrere) per altri pubblici dipendenti e i loro vertici amministrativi, per definizione legati alla dipendenza gerarchica nei confronti del potere esecutivo, ai quali la Costituzione chiede sì fedeltà alla Repubblica e imparzialità, ma non anche indipendenza da direttive e istruzioni. Non è inesatto sostenere, come fa la proposta in discussione al Csm, che le disposizioni a tutela del segreto investigativo tutelino la stessa polizia giudiziaria, così da ridurre al minimo le possibilità di tensioni tra essa e l'autorità che ne «dispone direttamente», cioè l'autorità giudiziaria. Il coordinamento informativo, necessario per ragioni di efficienza, deve trovare una modulazione, quanto a tempi e forme, compatibile con il valore costituzionale più ampio che è la spettanza all'autorità giudiziaria del coordinamento investigativo.Tra
magistratura e forze di polizia, deve esserci sempre fiducia, leale collaborazione e trasparenza. È quanto attraverso questa rubrica si chiedeva lo scorso febbraio, è quanto mi permetto di richiamare oggi. Andando oltre la polemica e facendo ciascuno, in modo responsabile, la propria parte.