Alcuni l'hanno già chiamata "svolta salutistica" degli italiani. Che sia così oppure no, poco importa. Ciò che vale di più sottolineare, è che nel 2018 il mercato dell'ortofrutta in Italia è arrivato a nove miliardi di chili di prodotto, il 3% in più rispetto all'anno prima e il più alto valore raggiunto da questo mercato da vent'anni. E non basta, perché accanto alla crescita generale dei consumi, è stato fatto notare da Coldiretti, è emersa «una ripresa delle vendite nei canali tradizionali e una forte crescita degli acquisti diretti dagli agricoltori in azienda o nei mercati». A veder aumentare le vendite, poi, praticamente tutte le tipologie di prodotto. Sono così le mele ad essere il frutto più consumato, seguite al secondo posto dalle arance, mentre tra gli ortaggi preferiti dagli italiani salgono sul podio nell'ordine le patate, i pomodori e le insalate/indivie. Da segnalare – sempre secondo Coldiretti – il forte aumento dei consumi di frutta a guscio, dalle noci alle mandorle fino al nocciole, con un aumento del 10% degli acquisti. In crescita del 4% anche la spesa delle verdure in busta, la cosiddetta quarta gamma, che garantisce maggiore praticità di consumo. Il significato economico di quanto sta accadendo interessa un comparto che occupa oltre un milione di ettari coltivati e che vale oltre il 25% della produzione lorda vendibile agricola italiana.
Il fenomeno dell'ortofrutta sembra d'altra parte andare di pari passo con la buona prestazione dell'industria della trasformazione alimentare che va in controtendenza rispetto al resto del settore industriale. Rispetto al crollo generale, infatti, la produzione alimentare ha fatto registrare un balzo del 2,7% (stando ai dati Istat sulla produzione dell'industria a novembre 2018 che riguarda anche i prodotti arrivati sugli scaffali per le feste di fine anno). Mentre nelle sole festività di Natale e di fine anno, le vendite all'estero di prodotti agroalimentari italiani (in particolare di vini, spumanti, grappa e liquori, panettoni, formaggi, salumi), hanno raggiunto il più che rispettabile importo di 3,4 miliardi di euro.
Una situazione che ha fatto subito dire ai coltivatori che «i risultati positivi ottenuti sul piano industriale devono ora trasferirsi alle imprese agricole con una adeguata remunerazione dei prodotti che in molti casi si trovano tuttora al di sotto dei costi di produzione».