Diciamolo subito: le vacanze non c'entrano più di tanto. Gran parte dei filmati amatoriali propongono incidenti di vario tipo. Il tutto realizzato con il solito criterio dei reality in cui si mischiano le immagini dal vero con le ricostruzioni e le testimonianze. Ma già che siamo in estate, tanto vale buttarci dentro l'idea delle ferie. Ed ecco tornare le Vacanze da incubo, in questo momento in onda il sabato in seconda serata su Italia 1. L'incubo si dice sia un sogno che si presenta in modo angosciante. Più frequente nei bambini che negli adulti. Di fatto è un disturbo del sonno, ma mai come ora il concetto, sia pure decisamente adattato, ha trovato spazio nel cinema, nella letteratura e nella musica, fornendo anche l'ispirazione per il titolo di una serie incredibile di programmi televisivi. In tv, infatti, sono da incubo non solo le vacanze, ma anche le case, i giardini, le cucine e persino le squadre di calcio. Forse la stessa tv diventa da incubo quando propone quelle che definisce «le disavventure più sconvolgenti e imprevedibili documentate da una video-camera». Tutte americanate, se si considera che l'ultima puntata del programma di Italia 1 ha messo insieme tragedie sfiorate in Wisconsin, Minnesota, Alaska, Utah, California e Canada con una sola capatina fuori continente, in Corsica. Nel primo caso un paio di eroici pompieri salva la vita a una donna e ai suoi due figli intrappolati nell'auto in fiamme mentre un testimone a passeggio con la telecamera riprende tutto. Nel secondo, un'atletica ragazza in compagnia di un gruppo di amici rischia l'osso del collo scivolando sulla neve. Poi alcuni cacciatori che non riescono a decollare con un aereo dalla tundra. E ancora l'auto senza freni lungo una vorticosa discesa rocciosa. Insomma, schianti a destra e a manca, compreso il capitombolo di un cane per un pendio di trecento metri e per questo ribattezzato “Trottola”. Tutte storie ovviamente a lieto fine, ma narrate con l'enfasi della catastrofe imminente e un assurdo doppiaggio fatto di esclamazioni d'ambiente che vanno dal «Santo cielo!» alle più censurabili e realmente censurate. Tutto allungato come il brodo con immagini e narrazione ripetute (anche grazie alle non poche interruzioni pubblicitarie) nel tentativo di tenere alta la tensione e l'attenzione dei catastrofisti incalliti.