«Più buone notizie nei tg della Rai» Il male c’è. Va raccontato con giudizio
lei ha ragione e torto insieme. Proviamo quindi a ragionare su un tema di assoluta importanza. La televisione, con i tg e i programmi di approfondimento, rimane la principale fonte di informazione per gli italiani. Secondo il Rapporto Censis 2023, i telegiornali rappresentano il primo approccio alle notizie per il 48,3% dei connazionali, pur avendo perso molto terreno rispetto al passato. Sono soprattutto gli over 50 a essere fedeli al piccolo schermo, mentre i giovani, si sa, preferiscono social media, motori di ricerca web e giornali online. Con uno share di oltre il 24%, pari a 4.640.000 spettatori, il Tg1 delle ore 20 resta il più visto della nostra tv. Nel 2000 però l’ascolto era quasi il doppio, con 8,5 milioni di contatti, ridotti a circa 6,5 milioni nel 2010 e poi a 5 milioni nel 2019. Solo il Covid ha fatto impennare gli ascolti ai livelli di inizio secolo, per poi lasciare il passo a un nuovo calo, fino ai dati citati sopra. Che cosa significa? Che le persone si spostano su altri media, più in sintonia con la cultura della velocità, della leggerezza e dell’attenzione intermittente che caratterizza la nostra epoca. Di qui il tentativo di rendere meno pesanti, ufficiali e paludati anche i telegiornali, per evitare l’emorragia di utenti. Rincorrere la “moneta cattiva” funziona? Non lo sappiamo. Dovremmo fare un esperimento con un gruppo di controllo: un tg “vecchio stile” allo stesso orario di un altro tg in stile attuale. Allora capiremmo chi ha ragione. Nell’incertezza, è difficile biasimare i direttori che ordinano servizi di costume, musica e sport nel tentativo di tenere fermo per un’intera mezz’ora il pubblico a rischio di fuga. Certo, caro Bolla, spesso si esagera, e non solo nella frivolezza ma anche nel vuoto dei contenuti e nell’eccesso di revival. Soprattutto, se il tutto è accostato alle cosiddette “hard news” (approfitto per esprimere solidarietà ai bravi e coraggiosi inviati Rai sulla guerra in Ucraina Stefania Battistini e Simone Traini, colpiti da mandato d’arresto russo per avere fatto bene il proprio lavoro: c’è ancora informazione di alta qualità). E qui veniamo all’altro corno della sua critica. Troppa cronaca nera e poche buone notizie. Non vorrei ripetere i luoghi comuni secondo cui il bene è noioso rispetto al male e l’uomo che morde il cane batte in interesse il cane che morde la donna. Non si tratta di questo (o solo di questo), a mio parere. Pensiamo ai giorni appena trascorsi. Un diciassettenne apparentemente senza problemi stermina la famiglia serena e benestante. Una studentessa universitaria che faceva volontariato è accusata di avere partorito segretamente due bambini, averli lasciati morire e sepolti in giardino. Un’imprenditrice travolge volontariamente lo scippatore straniero. Non possiamo ignorare questi segnali che provengono dalla società, anche se sono fatti dolorosi e choccanti. Vanno trattati nel modo giusto, senza compiacimento, senza chiedere ai parenti che cosa provano per farli piangere davanti alle telecamere, cercando di spiegare e contestualizzare. Sono pochi i ragazzi assassini, non va trasmessa una sensazione di angoscia generalizzata. Si deve anche mostrare, non c’è dubbio, che la stragrande maggioranza dei giovani è anni luce lontana da questi delitti. Tuttavia, un’informazione solo dei buoni sentimenti non rende un servizio utile. Sta a noi manovrare il telecomando per mandare segnali a chi sceglie cosa e come mandare in onda. Non dimentichiamolo. © riproduzione riservata