Più bonifiche per salvare il territorio
Secondo l'associazione, il messaggio è molto chiaro e soprattutto semplice: meno emergenza, più prevenzione, cioè più programmazione. Chiarezza e semplicità, tuttavia, non vanno di pari passo con la pratica. Nel 2011 la proposta dell'Anbi prevedeva 2.519 interventi immediatamente cantierabili, per un importo di 5.728 milioni di euro; nel 2012 gli interventi sono diventati 2.943, per un importo complessivo di 6.812 milioni di euro. Un miliardo in più che pesa come un macigno sullo Stato. Eppure, in gran parte, ciò che viene proposto non è altro che manutenzione straordinaria di opere di canalizzazione delle acque e di scolo e di sistemazioni e regolazione idraulica nei territori in cui operano i Consorzi di bonifica, cioè proprio quegli strumenti operativi che già devono gestire acqua e territorio.
Certo, di fronte alla necessità di effettuare grandi lavori, occorre anche avere grandi risorse finanziarie che oggi non ci sono. Ma occorre anche possedere la capacità strategica per mettere a confronto i danni provocati dalla mala gestione dell'acqua, con quanto deve essere speso per evitarli. Solo in due anni, l'Italia ha sopportato danni idrogeologici per due miliardi nel 2011 e per altri tre nell'anno precedente.
La conclusione del ragionamento di Anbi è poi quasi scontata, ma drammaticamente ignorata. «La tutela e il risanamento idrogeologico del territorio - dicono i consorzi - devono costituire priorità strategiche per garantire, al Paese, le condizioni territoriali indispensabili per la ripresa della crescita economica». Un concetto chiaro, avvalorato anche dal fatto che ogni milione di euro, investito in manutenzione del territorio, genera sette nuovi posti di lavoro; se il piano di Anbi fosse applicato per davvero, verrebbero creati circa 47mila posti di lavoro nuovi. Non male in tempi di crisi.