Pino Puglisi un padre anche per chi lo uccise
Nel 1978 il cardinale Pappalardo lo nomina prorettore del Seminario e direttore del Centro regionale vocazioni. È anche consigliere presso la Cei. Intanto anima Azione cattolica, Fuci, Equipes Notre Dame e pensa a emarginati e ragazze madri. Nel 1990 è parroco a San Gaetano, cuore di Brancaccio, e direttore spirituale al Seminario. Nel '93 fa nascere il Centro Padre Nostro per i giovani: catechismo, diritti civili, fede e amore concreto, rifiuto di collusioni e silenzi. Don Pino cresce, e bisogna fermarlo: gli bruciano l'auto, incendiano il portone della canonica, gli spaccano un labbro con un pugno… Sorride: non denuncia. Lo deridono per strada e dall'altare alla Messa li chiama al dialogo: «Vediamoci in piazza!». Dice tranquillo: «Se mi ammazzano non mi interessa». Chiede aiuto anche in Curia: trova tanti inviti alla prudenza… Estate '93: dopo le stragi di Falcone e Borsellino di un anno prima, bombe criminali a Firenze e a Roma. Lui il 25 luglio con i suoi ragazzi organizza una marcia per le vie di Brancaccio: «Sì alla vita, no alla mafia!». Anche i tre sindaci cui si rivolge lo ascoltano senza risultato. Il Paese reagisce alle stragi? Certo: quella estate, a Palermo, c'è in grande l'operazione “Vespri siciliani”, arrivano da Roma 6mila agenti: a Brancaccio non se n'è visto neppure uno. Di recente hanno scritto che il suo Centro Padre Nostro non c'è più. Il 12 settembre mentre celebra Messa gli bucano una gomma davanti a tutti, in piazza. E lui? Martedì 14 a Messa parla del sudore di sangue di Gesù nell'Orto degli Ulivi, e spiega che si tratta dell'angoscia di chi sa di dover morire… Mercoledì 15, suo compleanno, gli amici lo vedono per la prima volta in clergyman: è vestito da prete, don Pino. Al mattino va in municipio per sollecitare l'ennesima volta i servizi di quartiere anche a Brancaccio. Poi di fatto fa in modo di restare solo: disdice ogni appuntamento e dice no a chi vuole fargli festa per il compleanno. A sera esce per andare dalle suore, e poi tornare... In giro ci sono già 4 compari: Luigi Giacalone, Cosimo Lo Nigro, Carmelo Spatuzza, il caposquadra – si saprà poi esperto nello strangolare la gente –, e Salvatore Grigoli, detto il cacciatore, che però non conosce don Pino. Hanno avuto l'ordine di farlo fuori, e per caso lui sta telefonando da una cabina pubblica… Spatuzza lo indica – «È lui!» – e vanno ad aspettarlo alla porta di casa. Racconto del killer, Grigoli: «Lui arrivò, e io e Spatuzza siamo scesi dalle macchine… il padre si stava accingendo ad aprire il portone. Lo Spatuzza lo affiancò, il padre aveva un borsello, gli mise la mano sul borsello e gli disse: “Padre, questa è una rapina”. Il padre neanche si era accorto di me… e fu una cosa che non posso dimenticare, perché ogni volta che penso a questo episodio mi viene in mente questa visione del padre che sorrise, non capii se fu un sorriso ironico o che altro… Sorrise e gli disse allo Spatuzza: “Me l'aspettavo”. Allorché gli sparai un colpo alla nuca e il padre morì sul colpo senza neanche accorgersene di essere stato ucciso». Non vero: morì qualche minuto dopo. Quel 5 volte detto “Padre” il giorno prima aveva parlato del «sudore di sangue» di Gesù: ora il sangue era il suo. Don Pino: è già beato… lo faranno santo. Ma viene lo stesso da piangere: per tanti e per noi, che non gli somigliamo per niente.