Rubriche

Piccola felicità

Laura Bosio domenica 28 ottobre 2012
Don Fabrizio, principe di Salina, poco prima di incontrare la Signora in nero che lo accompagnerà nel suo ultimo viaggio, ricorda la vita trascorsa. Rievoca i pochi momenti felici, rari intervalli. Il Gattopardo scopre così, nell'ora del congedo, della perdita irreparabile, che nella sua esistenza infelice era stato a tratti, sia pure per poco, felice. La felicità, diceva Cechov, è come la salute, quando la possiedi non te ne accorgi. Bisognerebbe saperlo invece, ma è possibile? Molti, nelle pagine di libri e blog, insistono nel dire di sì. Secondo uno dei sostenitori, lo stato di beatitudine sarebbe raggiungibile nei seguenti modi: comprando paste la domenica; bevendo birra o Porto; guidando di notte in autostrada; facendo colazione con il giornale sul tavolo; mangiando un croissant appena sfornato. Un mio amico, scettico e divertito, ha voluto mettere alla prova queste dicerie. Si è seduto al tavolo di un bar, ha ordinato la colazione e intanto ha sfogliato il giornale. Lo hanno aggredito i titoli catastrofici, la tragica e assurda insania del mondo. Ha alzato gli occhi e ha visto la cameriera con il vassoio: «La brioche con marmellata, vero?» gli ha chiesto sorridendo. Lui ha lasciato perdere le cattive notizie. Ha bevuto il cappuccino e mangiato la brioche. Racconta di essere stato felice.