La guerra Russia-Ucraina influenza anche le esportazioni europee di pesche. Dato solo in apparenza "secondario", perché quanto accade per la frutticoltura è pari a ciò che avviene in altri settori dell'agroalimentare nazionale ed europeo ed è segno, comunque, della fase complessa che il comparto sta attraversando. Anche quando, come proprio la peschicoltura dimostra, i consumi sono in aumento. La fotografia della produzione, del consumo e delle esportazioni di pesche è quella scattata dai dati del Report della Commissione Europea sulle prospettive di mercato dell'intero settore agricolo commentati in Italia dal Corriere Ortofrutticolo. Il consumo di pesche e nettarine fresche nell'Ue passerà da 5,9 chili pro capite nel 2021 a 6,1 pro capite quest'anno, nonostante il potere d'acquisto dei consumatori europei sia inferiore: un dato di ripresa ma inferiore del 5% rispetto al consumo medio degli ultimi cinque anni. La crescita dei consumi, si legge, è legata all'aumento della produzione fresca, dal bel tempo e dal ritorno del turismo. Per quanto riguarda la produzione totale, invece, questa è prevista per quest'anno, in crescita complessivamente ma con situazioni differenziate. In particolare, la produzione totale di pesche e nettarine aumenterà del 3% fino a 3,4 milioni di tonnellate. Un risultato frutto della crescita dei raccolti in Italia, Grecia e Francia e di una diminuzione di quelli della Spagna tagliati dal gelo e dagli effetti della tempesta Cyril. Tutto questo, però, non si tradurrà in vendite all'estero più alte. Le esportazioni europee, viene spiegato, rimarranno stabili, intorno alle 140.000 tonnellate (+2% anno su anno). Ed è proprio qui che l'impatto della guerra si fa sentire. Le attuali difficoltà di vendita verso l'Est (es. Bielorussia e Ucraina) avranno un impatto negativo sulle vendite. Una fatto importante, visto che dopo Regno Unito e Svizzera (le principali destinazioni per le esportazioni dell'Ue), Bielorussia e Ucraina sono tra le prime 5 destinazioni per la produzione Ue. Detto in altri termini, l'equilibrio di mercato di uno dei comparti più importanti per la nostra agricoltura, è tutt'altro che stabile.