Come due secoli fa la rivoluzione industriale ha sostituito l’operaio di fabbrica all’artigiano, rendendo alienato e alienante il lavoro, così oggi la rivoluzione informatica ha smaterializzato sempre più il lavoro e tutta la nostra vita. Il numero degli addetti alla comunicazione a distanza, il cui lavoro consiste nello stare per ore davanti a un computer, supera di gran lunga il numero di coloro che lavorano in presenza e con l’abilità delle mani: non solo con la punta delle dita. La manualità abile è sostituita dalla digitalizzazione, dall’onnipotenza dei polpastrelli. Sempre più spesso sento dire che i giovani si iscrivono all’università per specializzarsi in informatica. Ma l’informatica non è né una vera scienza come la fisica, la biologia, la chimica, la geologia, e non è neppure un artigianato, un lavoro manuale complesso che si misuri direttamente, fisicamente e creativamente con la trasformazione della materia per ottenere prodotti artigianali utili e eleganti, non in serie come quelli industriali. Ci sono stati e ci sono pensatori che hanno persino teorizzato il lavoro manuale e artigiano come una pratica che ci impone di esercitare la pazienza e il rispetto delle caratteristiche della materia e dei tempi necessari per trasformarla. Chi non lavora manovrando e controllando macchine, ma affronta invece la materia, i diversi tipi di materia con la propria abilità manuale, conserva un più concreto e sapiente rapporto con la realtà. L’artigianato è stato anche, nel corso di una storia millenaria, un prologo all’arte, alle diverse arti. Oggi i pittori non sanno più né disegnare né dipingere, e gli scultori di solito non agiscono più manualmente sul marmo, sul metallo, sul legno. L’artigiano deve concepire mentalmente l’insieme del lavoro in tutte le sue fasi per produrre oggetti. L’operaio di fabbrica si occupa invece di una sola e limitata parte del lavoro ripetendo meccanicamente sempre gli stessi gesti, senza alcuna partecipazione mentale e consapevole alla concezione e realizzazione dell’intero prodotto finale. Ci sono rimedi alla disumanizzante robotizzazione del lavoro industriale e con la tecno-comunicazione intensiva? Una modesta proposta per disintossicarsi dalle automazioni potrebbe essere questa: includere nel curriculum scolastico qualche forma di artigianato. L’artigianato si avvicina all’arte e prevede la collaborazione simultanea di manualità e immaginazione, presenza mentale e pazienza. I liceali dovrebbero scegliere un artigianato: dalla falegnameria ai lavori su vetro, stoffe, metalli, ceramica... nonché, se si vuole, giardinaggio, e magari cucina.
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