Perché il sentiero (con la sua meta) è ciò di cui adesso abbiamo bisogno
L'estate è la stagione in cui più che mai i sentieri vengono cercati e percorsi. Ci sono sentieri per esperti e principianti. Il sentiero è interclassista e accoglie tutti, ciascuno con il suo passo. Ma soprattutto: avete mai visto, intrapreso, sudato un sentiero che non avesse una meta?
Ogni sentiero ne ha una. Non nasce per attirare gli escursionisti e poi non condurli da nessuna parte, oppure ingannarli terminando in un burrone; non gira in cerchio. Viene tracciato perché un gruppo di persone, una comunità, ha la necessità di recarsi in un posto. Un tempo erano i cacciatori e raccoglitori, che essendo nomadi abbandonavano il sentiero vecchio per tracciarne di nuovi. Vita precaria da nomadi. Poi, con i primi insediamenti, occorreva recarsi al pascolo, al campo coltivato, alla fonte d'acqua; ad altri insediamenti per commerciare; a luoghi di culto. Non nascevano dal caso o dal capriccio, né per durare una stagione. Nascevano con un progetto ed erano frutto dell'intelligenza. Per giungere alla meta non si procedeva a casaccio, ma tracciando la via più breve e più agevole. Periodicamente il sentiero veniva aggiustato e reso più comodo e sicuro. Ma questa è la prima cosa importante: avere una meta e dotarsi degli strumenti idonei per raggiungerla.
Il sentiero - a differenza di tante autostrade e ferrovie - non strapazza l'ambiente. Segue i declivi, i pascoli e i ruscelli. Non abbatte gli alberi ma ci passa nel mezzo. Insomma si adatta. Non è un cultore del pensiero fondamentalista e non distrugge quel che è d'intralcio, a parte rovi e alberi caduti, eccezioni. È gentile e, nell'attraversare campagne, colline e montagne, sembra chiedere permesso. Ma non fatevi ingannare: il fatto di essere gentile non è indice di debolezza e indecisione. Al contrario - va ripetuto - fin dall'inizio il sentiero sa dove vuole arrivare e non si interrompe a metà. Potrà essere lunghissimo, ma ne è consapevole, è determinato e sereno e alla fine arriva. In montagna, quando punta a un rifugio o a un santuario, spesso gli ultimi metri sono i più ardui. Ma arriva.
Se la strada, dai e dai, alla fine si consuma e va riparata o rifatta del tutto, il sentiero con il tempo si consolida. Più i piedi lo calpestano, più la traccia diventa indelebile. Anche il sentiero, però, ha i suoi demolitori interni, la "corrente dell'autodistruzione". Chi va per sentieri lo sa bene: non tutti sono adatti alle mountain bike, che a fatica convivono con chi cammina; nessuno è per moto da cross, che sollevano sassi e incidono solchi che rendono ardua la camminata e con la pioggia diventano fango, e i quad. Anche il sentiero richiede una sua disciplina interna e deve prevedere l'espulsione dei trasgressori. Costoro non hanno una meta comune ma l'unico scopo di dilettar se stessi, e chi se ne frega degli altri.
Il nostro sentiero non nasce dal nulla ma ha una preziosa tradizione su cui poggia. Migliaia e migliaia di passi l'hanno a poco a poco costruito, consolidato, percorso. Sono opera collettiva per il bene comune, a disposizione di tutti. Tutti… Tutti coloro che amino i legami, il camminare insieme, il raggiungere la metà senza false promesse, inganni né scorciatoie. Guai se un cartello segnaletico ci dicesse: tempo di percorrenza 2 ore, e poi scoprissimo che ce ne vogliono almeno 8. Il sentiero dice la verità, anche e soprattutto sulla fatica. E forse proprio per questo, anche se è per tutti, non tutti lo gradiscono.