Perché i Latini non ridevano mai? Semplice, erano sempre in armi
Specializzarsi nel ridere e nel far ridere è l'arte di mettere il sublime nell'umile e un po' di follia nella normalità. Ma ogni specializzazione porta con sé qualche deformazione. Non sa veramente ridere chi non sappia eventualmente piangere. O forse, se ride soltanto, «piange senza saperlo».
I Latini non sembrano essersi molto dedicati all'arte di ridere, secondo Canali. Il loro stile virile era improntato alla serietà, alla «gravitas». Almeno ufficialmente i romani ridevano di rado e questa «indubbia cupezza» viene spiegata da Canali con la loro «diuturna pratica delle armi» e con la «pressoché ininterrotta vicenda delle guerre civili. Insomma si può presumere che un popolo perennemente in guerra - e in guerre spietatamente imperialiste - possa difficilmente essere considerato incline al riso». Plauto, dice Canali, suscita risate sguaiate. Il massimo satirico, Giovenale, è acrimonioso. Orazio fa sorridere. Marziale è ammirevole nella perfidia. Nel Satyricon di Petronio domina un «senso di funereo disfacimento». Se Canali ha ragione, i Latini non ci somigliavano. Ma il vizio della lotta fratricida ci è rimasto. Anche ridendo, abbiamo sempre in testa l'eliminazione dell'avversario.