Visto coi nostri occhi il Vecchio Continente sembra oggi la zattera della Medusa dove tutti cercano di porsi in salvo per sfuggire alla forza dei marosi. Eppure, se mettiamo da parte gli indici delle rappresentazioni statistiche e non consideriamo le principali tendenze che i grafici dell'immigrazione ci forniscono, potremo avere qualche sorpresa. Come sempre, per sfuggire alla legge dei grandi numeri, dovremmo chinarci sulla dimensione interiore dell'essere umano. Varcare la soglia. Entrare nella sfera intima delle persone. Per farlo bisogna conquistare la loro fiducia. Quando scopri, ad esempio, che i cosiddetti “minori non accompagnati”, i ragazzini partiti da ogni luogo del mondo per venire da noi, dopo un primo momento di euforia, vorrebbero tornare a casa e non possono farlo, allora ti rendi conto di cosa significa davvero spezzare le radici, strappare il fiore dalla terra in cui è cresciuto. A quindici, sedici anni, soprattutto se non riesci ancora ad esprimerti nella lingua del Paese dove ti sei aggrappato per sopravvivere e stai dimenticando anche quella che ti ha formato, non puoi spiegare neppure a te stesso la mortificazione che provi quando, parlando al cellulare con tuo padre, capisci che lui non vorrebbe il tuo ritorno. Resti così, inebetito di fronte a te stesso.