Il titolo di Unicredit, la principale banca italiana, ha perso in borsa nell'ultimo anno il 60%. Fra il 2008 e il 2012 la banca di Piazza Gae Aulenti ha varato ben tre aumenti di capitale per un totale di 15 miliardi di euro, due sotto la guida di Alessandro Profumo, licenziato con una buonuscita di 40 milioni, e l'ultimo quando la poltrona di Ad è passata a Federico Ghizzoni, messo alla porta poche settimane fa dagli azionisti che ancora non hanno preso una decisione sul suo successore. Se pensiamo che Unicredit, quando Profumo era timoniere, aveva intrapreso una strada di sviluppo internazionale in molti paesi (dalla Germania all'Ucraina), in alcuni casi costata poi carissima, ci rendiamo conto che le responsabilità di questo mezzo disastro – che rischia di diventare un disastro per il Paese – ricadono in primo luogo sui capi azienda e non sui soci. Soci che comunque hanno la colpa di aver scelto manager rivelatisi incapaci alla prova dei fatti, anche quando al funambolico Profumo hanno preferito il più ragionieristico Ghizzoni.Nei primi tre mesi di quest'anno Unicredit ha comunque fatto oltre 400 milioni di utile, ma questo non basta per farne una banca sana. Perché in pancia all'istituto ci sono ben 80 miliardi di euro di "non performing loans" ovvero "crediti deteriorati". Cioè la banca ha erogato una massa ingente di denaro a chi oggi non è in grado di restituirlo. E visto che la prima capacità di un banchiere è la valutazione del merito di credito di chiunque, si capisce che aver accumulato una montagna di spazzatura suscita più di un interrogativo. Che si moltiplica a dismisura quando accanto agli 80 miliardi di npl ci mettiamo i 20 miliardi di "sofferenze", cioè partite creditorie della stessa banca che hanno una buona probabilità di non essere più rimborsate. Insomma: Unicredit (che ieri in Borsa ha perso il 6,37%) sta seduta sopra una bomba di 100 miliardi di denaro prestato non si sa perché e con quali criteri. Il fondo Atlante, che già salverà Banca Popolare Vicenza e con ogni probabilità Veneto Banca, non ha i mezzi per intervenire di fronte a cifre così ingenti.Quindi? I soci dovranno nuovamente mettere mano al portafoglio. E il nuovo capoazienda? Dovrà avere un alto standing ed elevata esperienza internazionale e un comprovato curriculum di top manager apprezzato dagli analisti finanziari. Dovrà essere un esperto di turnaround di grandi gruppi complessi ed esposti in numerosi paesi e capace di attuare una forte politica di dismissioni e di semplificazione organizzativa della banca. Dovrà, infine, essere indipendente e non condizionabile dai soci. Siamo sicuri esista un banchiere italiano così o per salvare Unicredit non è forse arrivato il momento di un banker straniero?