Abbiamo bisogno di un’ecologia del cuore che ci renda consapevoli di come gli esseri sono in connessione tra di loro. Abbiamo bisogno di diventare persone capaci di cura, praticando una responsabilità operativa nei riguardi di ciò che è comune, e non soltanto di quel che è nostro. Abbiamo bisogno di ascoltare i gemiti della terra così come ascoltiamo i gemiti del nostro corpo. Abbiamo bisogno di coltivare il fragile e fremente ruggito che pulsa in ogni vivente e acquista forza quando si sente riconosciuto e rassicurato. Abbiamo bisogno di uno sguardo che rimanga affascinato da tutte le creature e della capacità di integrarle nella grande e plurale danza della vita che sempre ci supera. Abbiamo bisogno di un’arte del riciclo, che ci insegni a dare una seconda opportunità alle cose che buttiamo via con tanta facilità. Abbiamo bisogno di un paziente impegno a trasformare, riconvertire, rammendare, riparare, risignificare, invece della nostra dispendiosa corsa ai consumi. Abbiamo bisogno di accettare il limite, di riconoscere che è già sufficiente e di fermarci, di far dipendere di meno la nostra soddisfazione dai falsi bisogni, di pensare non solo al mondo com’è adesso, ma all’eco che ancora riverbererà per molto tempo dopo. Abbiamo bisogno di capire che c’è una continuità fra il tetto che ci mette al riparo e la grande cupola terrestre, tra la nostra casa e la casa comune, tra il bene proprio e il bene di tutti.
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