Per rompere la maschera del bla bla bla basta leggere il presente in filigrana
La rivista, come ho detto, pratica un esperimento particolarmente insolito e audace. Anzitutto perché chiede qualcosa (molto) al lettore: lo coinvolge, lo impegna al punto da invitarlo a leggere secondo una particolare disciplina (gli toglie un inutile eccesso di libertà). Ma lo invita anche a entrare nella narrazione del presente, a scrivere (gli offre una libertà attiva).
Non saprei descrivere l'esperienza di lettura, esperienza in ogni caso poco prevedibile, data la varietà dei testi e il tipo di sequenza. Segnalo che in questo numero ci sono diari scritti fra il settembre 2007 e l'aprile 2008, ci sono citazioni da Rigoni Stern, Ritsos, Marina Cvetaeva, Magris, Kapuscinski ecc., e infine, sul margine destro della pagina corrono notizie tratte dal «New York Times» (altre volte da giornali diversi).
L'incremento di conoscenza offerto dai testi e dal loro montaggio è sicuro e avviene non senza emozione di chi legge. Come epigrafe dell'impresa sceglierei una frase che compare a pagina 8 in un diario di Yoani Sanchez da Cuba: «Quello che detesto soprattutto sono le parole vuote, la teorizzazione che evita di chiamare le cose con il loro nome, il giro verbale che nasconde o maschera».