In agricoltura, nonostante tutto, ci sono delle imprese che hanno investito e che vogliono continuare a farlo. Non è una cosa da poco, visto che questo settore non sta attraversando un bel momento. I consumi diminuiscono, i prezzi all'origine anche, i margini sono ormai ridotti all'osso, la conflittualità con il resto della filiera alimentare è latente e non risolta, ma le aziende agricole continuano a cercare di vedere un orizzonte migliore di quello attuale.
È il caso, per esempio, delle imprese olivicole che quest'anno saranno, fra l'altro, sono alle prese con una produzione record (quasi 800mila tonnellate di olio di oliva), in crescita del 13,5% rispetto al 2003. Stando ad una indagine di Unaprol, il 35% delle aziende olivicole ha effettuato investimenti negli ultimi tre anni, e una percentuale analoga ritiene di doverne fare ancora in macchinari, nuove tecnologie e metodologie per la certificazione e la rintracciabilità del prodotto. Quest'ultima sembra, fra l'altro, la vera e propria nuova frontiera dell'intero comparto agroalimentare oltre che una scommessa proprio per gli olivicoltori. Rintracciare tutte le tappe compiute dal prodotto nel cammino dal campo alla tavola, assume davvero la forza di uno strumento potentissimo per fidelizzare il consumatore. Tanto che, proprio nell'olio, è stato messo a punto addirittura un meccanismo di informazioni via Sms.
Insomma, dopo la «Guerra dell'olio» - per avere etichette chiare, garanzie dell'origine del prodotto e la difesa dell'olio di oliva nostrano - che ha di fatto avvicinato alla sensibilità della gente questo prodotto, gli olivicoltori stanno cercando - e in parte hanno già trovato - risposte nuove e diverse ai mutamenti della domanda e del consumo alimentare. Rimangono, ovviamente, tutte le peculiarità di un comparto prezioso e, contemporaneamente, fragile rispetto agli andamenti climatici e di mercato.
Basta pensare che passando da Nord a Sud dello Stivale, l'olivicoltura cambia volto più volte. Così, mentre la specializzazione dell'olivicoltura italiana è molto più accentuata nel Centro-Nord, sul piano occupazionale le aziende del Mezzogiorno assumono mediamente il 30% in più di manodopera rispetto alle aziende del Nord dove è più presente il fenomeno dalla manodopera familiare. Anche se a guidare la classifica delle Regioni più produttive rimane sempre la Puglia, seguita dalla Calabria e dalla Campania. Ma, a dirla lunga sui cambiamenti di fronte che questo settore può subire, basta il dato produttivo riferito ad alcune regioni. Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia, per esempio, hanno subito perdite produttive pari al 32,7%. Mentre la Basilicata è passata da 16.800 tonnellate a poco più di 4.600. Insomma, per l'olio come per sostanzialmente tutte le produzioni agricole, ogni previsione di mercato deve sempre fare i conti con
un andamento produttivo per nulla soggiogato definitivamente ai programmi dell'uomo.