Domenica scorsa, chiacchierando, divagando e ragionando con calma e un po' di metodo con un vecchio amico (cosa che ogni tanto fa bene), a un certo punto mi ha comunicato un'idea a cui, mi pare, teneva molto. La riassumo. Negli anni Sessanta e per più di un decennio, si usò molto la parola “rivoluzione”, una parola che veniva da lontano e aveva acquistato un prestigio bisecolare. Si voleva (o si credeva di volere) “cambiare il mondo”, cioè tutto e nello stesso tempo. Fu un errore di presunzione e un'idea troppo generale e imprecisa: in sostanza sbagliata perché più che un'idea era un miscuglio di mezze idee e di immaginazioni su cui sembrava perfino proibito riflettere meglio. Esistono invece (diceva il mio amico) singole idee, singole azioni, singoli gesti e iniziative che possono avere un carattere “rivoluzionario” in certe determinate circostanze. Piuttosto che “cambiare il mondo”, è più reale, più onesto e più possibile cambiare singole cose. Avere obiettivi limitati ma concreti, anche se a volte radicali. Obiettivi raggiungibili che non richiedono una filosofia della storia, né un'ideologia politica, né la formazione di un partito, ma rispondono a doveri, esigenze, istinti morali condivisi o condivisibili per ubbidire ai quali non è difficile immaginare e comunicare ad altri il perché, il come, il dove, il quando. A volte la pervasività e l'efficacia di tali gesti nasce da una coscienza nuova, magari improvvisa come una piccola conversione, che spinge gli individui a cambiare le proprie abitudini una volta per tutte, rendendo più giusta e consapevole la propria vita e migliorando l'ambiente in cui si vive. Gli esempi più ovvi e modesti possono essere: evitare di mangiare carne, camminare invece che usare le auto private, evitare il più possibile l'uso della plastica, non tenere accesa la tv quando non ci si fa attenzione, pensare e comunicare anche senza l'uso di computer e smartphone, non parlare al telefono con qualcuno quando si sta già parlando con qualcun altro che è lì presente, prendere sul serio i bambini invece che reprimere meccanicamente i loro cosiddetti “capricci”, fare bene e non “più velocemente” le cose che si fanno ecc. ecc. Se questo improvvisamente o gradualmente si facesse in molti sarebbe abbastanza rivoluzionario… Il minimalismo di certe piccole decisione è solo apparente. La vita è fatta di abitudini: da cui liberarsi o in cui rinnovarsi. Sull'ultimo numero di Internazionale (1/7 febbraio) ci sono ben sette pagine dedicate alle tecnologie e agli algoritmi che decidono per noi come vivere e cosa fare (Il codice Frankenstein). Alla fine di questo ampio e preoccupante articolo compare comunque la pubblicità a tutta pagine del libro di Erling Kagge, Camminare. Un gesto sovversivo. A volte la pubblicità è utile.