Abbiamo ancora tutti negli occhi le immagini del viaggio che ha portato papa Francesco in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor est e a Singapore. C’è però anche un’altra Chiesa locale del Sud-est asiatico che ha vissuto con particolare emozione queste giornate: quella della Malaysia, Paese a maggioranza musulmana, per mille motivi molto legato a Singapore, ma che nella sua storia non ha mai avuto la possibilità di vivere l’esperienza della visita di un successore di Pietro, pur avendo una vivace comunità cattolica. Per questo sono stati tanti – almeno un migliaio – i cattolici malesi che hanno partecipato alla solenne celebrazione eucaristica presieduta da papa Francesco giovedì scorso al National Stadium di quella città-Stato che per un brevissimo periodo, all’inizio degli anni Sessanta, fece anche parte della Federazione malese, prima che nel 1965 l’allora premier Lee Kuan Yew scegliesse di staccarsi per dare vita al percorso autonomo di Singapore. Dal punto di vista ecclesiale, del resto, la Malaysia e Singapore (insieme alla piccola comunità del Brunei) formano un’unica conferenza episcopale, che è guidata proprio dall’arcivescovo di Kuala Lumpur, monsignor Julian Leow. La presenza dei fedeli provenienti dalla Malaysia è rimasta abbastanza nascosta durante il viaggio del Papa, anche perché la proverbiale fermezza sull’ordine e la sicurezza hanno vietato l’esposizione allo stadio di Singapore di qualsiasi bandiera. Ma è stata ugualmente una presenza molto sentita: anche in quest’altro grande Paese del Sud-est asiatico, infatti, i cattolici sono oltre un milione e 100mila, circa il 3,5 per cento della popolazione; mentre i cristiani tutti insieme rappresentano oltre il 9 per cento, formando il terzo gruppo religioso, dopo musulmani (61 per cento) e buddhisti (19 per cento). Quella malese è una comunità anche storicamente molto importante per le Chiese dell’Asia: lo stesso papa Francesco, nella sua omelia a Singapore, ha ricordato la presenza di san Francesco Saverio nella penisola di Malacca, che tra il 1545 e il 1552 (l’anno della sua morte) fu la base dei suoi viaggi missionari. Ma un’altra istituzione fondamentale è il “Collegio dei martiri” di Penang, il grande seminario che dal 1808 ha raccolto in questa città dell’attuale Malaysia l’eredità del primo luogo di formazione dei sacerdoti per il Sud-est asiatico, quello aperto ad Ayutthaya in Thailandia nel Seicento e costretto a chiudere un secolo dopo, sotto i colpi delle persecuzioni. Anche in Malaysia la Chiesa cammina, e non solo nelle sue grandi dinamiche città come Kuala Lumpur. La comunità cattolica, per esempio, è molto radicata anche nelle regioni di Sarawak e Sabah, nella parte settentrionale dell’isola del Borneo. Aree più periferiche, dove i cattolici hanno dovuto fare anche grandi sacrifici per mettere da parte i soldi necessari per i biglietti aerei e per il soggiorno nella costosissima Singapore, in occasione di questo incontro con il Papa. All’agenzia di informazione cattolica asiatica Ucan una donna della piccola diocesi di Sandakan, che conta appena 60mila fedeli, ha raccontato di aver destinato i risparmi di anni a questo viaggio; altre hanno venduto per mesi succhi e frutti tropicali per raccogliere la somma necessaria. Ora sono tornati nelle loro comunità in Malaysia, dove condivideranno con tutti l’invito a rinnovare nel grande continente la missione che fu di san Francesco Saverio. Rispondendo ciascuno dentro al proprio contesto – come ha chiesto il Papa – «agli inviti all’amore e alla giustizia che anche oggi continuano a venirci dall’infinita carità di Dio».
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