Pomeriggio africano, l'aria che frigge. L'uomo che lucida la sua automobile non è più giovane da un pezzo, e mi verrebbe voglia di chiedergli perché lo fa. A quest'ora soprattutto. L'auto poi non è bella, e neppure nuova. A ben guardare non è nemmeno tanto sporca. Ma si capisce anche da lontano che è la sua, ed è per questo che la pulisce. Lo strofinaccio rosso che usa forse non è adattissimo per un lavoro del genere: mi viene in mente la pelle di daino, quella che usava mio padre. Color crema, satinata. Io ero piccolo e ricordo che pensavo al daino. Ma anche a quella pelle che lui bagnava e poi strizzava e tornava asciutta subito. Chissà se esiste ancora uno straccio così, che papà passava sulle maniglie e quelle dopo brillavano. Magia pura. Però è meraviglioso anche questo signore che non conosco, perché ci mette molta cura. E perché è confortante sapere che esiste ancora qualcuno che suda per far durare le cose, pulirle, conservarle belle, sfidare il tempo, dimostrare di amarle abbastanza per dedicarsi a loro anche mentre il sole batte implacabile e il resto del mondo senza coraggio si nasconde all'ombra. I graffi sulla carrozzeria restano tutti, ma la polvere viene via bene: sembra la storia della vita. La sua forse, e non solo.