Patto migrazioni dell'Ue stallo e poche chance
Dodici mesi dopo la pubblicazione di quel documento, che doveva segnare "un nuovo inizio" in materia, non si è fatto nessun vero passo avanti per tradurre parole e intenzioni in fatti concreti e, soprattutto, solidali. Lo ha ammesso, a denti neanche troppo stretti, la presidente dell'esecutivo di Bruxelles von der Leyen, nel suo discorso sullo "stato dell'Unione" pronunciato mercoledì scorso.
"Fräu" Ursula si è espressa con ottimismo, a tratti con orgoglio, su numerosi argomenti del suo "rapportone" annuale: dalla sanità (lotta al Covid in primis) all'economia, dal digitale all'ambiente, dai giovani al lavoro. Ma quando è passata alla questione migratoria gli accenti si sono attenuati, il tono complessivo è apparso molto più prudente, quasi dimesso.
In realtà, già il modo in cui ha aperto il capitolo era rivelatore. La presidente è partita dalla recente offensiva del regime bielorusso alle frontiere della Polonia e dei vicini baltici, operata a colpi di profughi sospinti a forza entro i loro confini. Un approccio, per così dire, sulla difensiva, in chiave di tutela delle nostra frontiere esterne. Che ovviamente vanno protette, certo, specie se "di fronte a un attacco ibrido per destabilizzare l'Europa". Ma l'emergenza umanitaria? E il dopo-Kabul?
All'Afghanistan, nel capitolo migrazioni, von der Layen non ha neppure accennato. L'aveva fatto in precedenza, parlando di scenari geopolitici e di competizione internazionale, di difesa comune e di armamenti (per inciso, ha suggerito perfino l'esenzione dall'Iva sugli articoli bellici prodotti nell'Unione!). E ha confermato i 100 milioni in più di aiuti Ue per la popolazione rifugiata nei Paesi limitrofi, oltre a un futuro "più ampio pacchetto di sostegno".
Su aperture a nuovi arrivi da Kabul e dintorni, però, neppure un cenno. La ragione si è capita più avanti. «Sulla migrazione – ha detto – in Europa ci sono molti pareri, vigorosamente sostenuti», anche se ha aggiunto di credere «che il terreno comune non sia tanto lontano da raggiungere». Purtroppo i fatti non sembrano darle ragione. E l'impressione è che, anche in futuro, non gliene daranno.
La numero uno della Commissione, è vero, ha esortato l'Europarlamento e gli Stati membri ad accelerare il processo di riforma su migranti e rifugiati. Personalmente si è detta convinta che gli europei, in maggioranza, sarebbero disponibili a un'accoglienza ordinata e regolare. Ma poi ha aggiunto che il problema di fondo è la "fiducia": fiducia, ha elencato, tra i Paesi membri, fra i cittadini e verso la stessa Europa e la sua capacità di restare all'altezza dei suoi doveri storici.
La fiducia è un lusso che in questi tempi ferrigni la Ue non si può permettere. Peccato per i migranti e per chi se li trova per primo in casa. Peccato per il diritto fondamentale a trovare asilo quando si fugge da guerre e persecuzioni. Nell'Unione vale la "Rule of law", ha ribadito VdL, cioè lo Stato di diritto. Ma non di tutti i diritti.