Pathos e mistero nel «Requiem» di Mozart interpretato da Savall
Ultima uscita in ordine di tempo, la registrazione (risalente al 1991) del Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), sublime capolavoro a cui il compositore salisburghese stava lavorando sul letto di morte. «Un'opera totalmente segnata dal genio del suo creatore» la considera lo stesso Savall, sbarazzando il campo da qualsiasi ambiguità sulle questioni relative all'incompiutezza della partitura; e come tale la affronta alla testa delle compagini del Concert des Nations e della Capella Reial de Catalunya, affiancate da un ispirato quartetto di cantanti solisti (formato da Montserrat Figueras, Claudia Schubert, Gerd Türk e Stephan Schreckenberger).
Ne scaturisce un'interpretazione che sembra calamitata verso la pura essenza dell'aura di mistero assoluto che avvolge ogni singola sezione della liturgia delle esequie, in piena aderenza soprattutto con la grave solennità del testo, raggiungendo vertici di intensa drammaticità in occasione degli apocalittici affreschi corali e orchestrali di Dies irae, Rex tremendae e Confutatis, le cui intonazioni vengono rese ancor più penetranti dal suono ruvido e asciutto degli strumenti d'epoca.
Una lettura carica di pathos che esalta quel carattere di partecipazione e immedesimazione che Savall ravvede nell'estrema fatica mozartiana, sincera testimonianza di fede ed espressione commossa dell'umana sofferenza: «lamento funebre, ma soprattutto preghiera estrema che implora la misericordia divina e lascia la speranza di una vita nuova».