Sappiamo bene che quest'anno è il centenario della nascita di Pasolini, sono già usciti parecchi libri su di lui, altri ne usciranno e le iniziative pubbliche si moltiplicano. Ma credo che nella sua letteratura e al di là della letteratura siano di interesse generale soprattutto le idee di "omologazione culturale" e "mutazione antropologica", elaborate con disperato pessimismo nei suoi ultimi libri. Scritti corsari (1975), Lettere luterane (1976) e il più letterario Descrizioni di descrizioni (1979) sono probabilmente le sue opere migliori, le più coerenti e riuscite da ogni punto di vista, nonché da tempo le più memorabili e lette. La loro importanza, però, non sarebbe davvero riconosciuta se non si tornasse a prendere sul serio le idee che contengono e la loro perdurante attualità. Quanto Pasolini percepì nelle società «opulente» e «consumiste» degli anni sessanta e settanta vale oggi più di ieri. L'accelerazione dello sviluppo tecnologico e la «rivoluzione informatica», tutt'ora in corso e a quanto pare inarrestabili, hanno diffuso in forma «totalitaria» l'uso e il consumo di merci tecnologiche ad altissimo contenuto e impatto culturale. Osservatore del costume e dei comportamenti giovanili, critico letterario attento alle più generali trasformazioni linguistiche, Pasolini è stato uno scrittore più socioculturale che politico. Eppure nelle sue diagnosi la distinzione fra sociale e politico viene superata. Le nuove forme di controllo sociale e di occupazione delle coscienze partono dalla vita quotidiana di tutti per arrivare al centro del potere, che è più economico (dittatura del mercato) che statale. Riprendendo con originalità e tempestività alcune analisi già compiute nel corso del Novecento da scrittori politici e critici della cultura di massa come Aldous Huxley e Orwell, Adorno e Gunther Anders, Roland Barthes e Ivan Illich, nei suoi ultimi libri Pasolini intuisce e prospetta una trasformazione dell'umano senza precedenti, fondata sulla cancellazione di un passato culturale secolare e millenario. Il mondo di oggi, enormemente più interconnesso di quello di ieri, rivela mutazioni antropologiche e omologazioni culturali ben più radicali di quelle descritte da Pasolini. Ma oggi più di ieri omologata e mutata è la stessa categoria degli intellettuali. Per la maggior parte di loro ogni innovazione è progresso. C'è da chiedersi però che cosa sia progresso.