Una grande attrice morta, Monica Vitti, viene celebrata (3/2) con abbondanza di pagine: ben 4 “Corriere” e “Stampa”, 2 “Repubblica”, “Giornale” e perfino il sobrio “Manifesto” (la seconda e la terza). Ne cantano la bravura, la misura, la gloria. Avvertiamo il vuoto che lascia. I partiti pur giudicati, a loro volta, moribondi, vengono assai poco celebrati, semmai strapazzati. A una a una, stanno scendendo in campo tutte le firme. Aldo Cazzullo (“Corriere”, 3/2, titolo: «Nostalgie senza futuro dei partiti») avverte: «Forse i politici sottovalutano il discredito che ancora li circonda nell'opinione pubblica, anche perché non sono stati scelti dai cittadini». Ma «la sconfitta per il sistema politico non è rieleggere ieri Mattarella e appoggiare domani convintamente Draghi. La sconfitta sarebbe non riuscire, tra un anno, a proporre al Paese alleanze, progetti, idee e candidati decenti, in cui gli italiani possano riconoscere le proprie aspirazioni e i propri interessi». Michele Serra, lo stesso giorno (“Repubblica”, 3/2), ricorda invece che quei mille e passa grande elettori furono eletti eccome, e non c'è poi grande distanza tra popolo e Palazzo: «I furbi e i generosi, i gentili e gli arroganti, i laboriosi e gli imboscati, i colti e gli ignoranti, gli onesti e i disinvolti, in Parlamento c'è tutto quello che c'è anche fuori». Il tema è antico: se abbandoni uno spazio, qualcuno o qualcosa lo riempirà. Se la politica, nella sua ritirata, lascia un vuoto, a riempirlo è la tecnocrazia? Scrive Gaetano Lamanna sul “Manifesto” (2/2, titolo: «Le tentazioni tecnocratiche nel vuoto della politica»): «La politica è debole e subalterna». Ma «partiti in caduta libera accelerano il logoramento delle istituzioni e di una corretta dialettica democratica», e «la piazza virtuale non sostituisce quella reale (...). Il “vuoto della politica” riguarda innanzitutto la parte debole e sfruttata della società». Quella che non va più a votare. Alimentando a sua volta il vuoto.