Del dipinto “Giocatori di scacchi” di Gerolamo da Cremona, conservato al Metropolitan Museum of Art di New York, colpisce una particolarità. Sebbene il quadro raffiguri una partita a scacchi tra uomini e donne, dunque, se pure ludico, un fronteggiamento, nessuna delle figure rappresentate sfida l’altra guardandola negli occhi. Lunari, pallidi e pieni di malinconia, giocatori e giocatrici non si incrociano, mancano l’incontro, e proprio nel loro non guardarsi sta la magia di questo ritratto di gruppo. La scacchiera è lì come pretesto, occasione non già di uno sfuggirsi, quanto di un mettere in scena la complessità del mancato confronto occhi negli occhi. Protagonista è quel non vedersi; protagonisti gli sguardi, che evitandosi raccontano il dialogo monco, l’afasia. “Una partita a scacchi” è anche titolo della seconda sezione de La terra desolata di T.S. Eliot, quelli anche versi di non comunicazione. «Parlami / Perché non parli mai? / Parla / A cosa stai pensando? Pensando a cosa? A cosa? Non lo so mai a cosa stai pensando. Pensa». A secoli di distanza, pittura e poesia convergono nell’immaginare la stessa partita persa in nome della fatica di guardarsi in viso. Stessa melodia incompleta, per come non riesce e fallisce quel dialogo frontale che è base di ogni scambio, tra generi, e persone.
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