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Parole d’inverno

Alessandro Zaccuri mercoledì 21 dicembre 2022
L’arte medievale può essere immaginata come un’interminabile sfilata di comparse. Danze macabre, visioni angeliche, paradisi e inferni, presepi e calvari: ogni occasione è buona per convocare una folla di figuranti. Non fanno eccezione le allegorie, nelle quali ogni personaggio si presterebbe a essere identificato con relativa precisione. Spesso, però, è proprio il dettaglio individuale a spezzare la rigidità dell’interpretazione. Un esempio? Non c’è dubbio che il vegliardo scolpito da Benedetto Antelami per il Battistero di Parma nel passaggio tra il XII e il XIII secolo sia una personificazione dell’Inverno. Nello stesso tempo, è una persona con la sua storia e il suo segreto, che intuiamo senza riuscire a decifrare. Lo ha spiegato con acutezza il filosofo Franco Rella, descrivendo così la statua nel suo saggio Scrivere: «Un vecchio con un rotolo completamente srotolato fino a sfiorare la terra, ma ancora trattenuto contro il corpo con due dita, perché non scivoli del tutto. Gli occhi del vecchio guardano non ciò che nel rotolo è scritto, ma altrove». Ogni comparsa porta con sé la possibilità di questo scarto. Obbliga a spostare lo sguardo magari solo per un istante, facendoci capire che anche nel capolavoro più compiuto rimarrà sempre un altrove che sfugge e ci interpella. © riproduzione riservata