Parli di un hotel e ti appare sul display. Qualcuno ci ascolta?
Ma è davvero possibile una cosa simile? Tecnicamente sì. Già ai tempi di Tangentopoli, cioè 10 anni prima che nascesse Facebook, se una persona veniva ammessa a un colloquio "segreto" le chiedevano di spegnere il cellulare e di estrarre la batteria del telefonino. Girava voce infatti che esistessero strumenti per utilizzare i cellulari per ascoltare a distanza le conversazioni che si svolgevano nei dintorni dell'apparecchio telefonico portatile.
Oggi che gli smarphone sono in grado di compiere sempre più funzioni è diventato facilissimo usarli anche per "origliare". Ovviamente – a parole – nessuno lo fa. Eppure è possibile.
Facebook, per esempio, ha introdotto da tempo un sistema di ascolto che utilizza i microfoni degli smartphone. È un servizio (tipo Shazam) che aiuta l'utente a individuare la canzone che sta ascoltando. E per farlo "deve registrare i "suoni che provengono dal microfono del cellulare". Come spiega Facebook "una volta attivata, l'identificazione delle canzoni rimarrà attiva fino alla disattivazione. Tuttavia, identifica canzoni solo quando scegli di toccare l'icona con la faccina scrivendo un post".
Ma Facebook registra anche le nostre conversazioni? A precisa domanda, la risposta del social è netta: «Non registriamo le tue conversazioni. Se scegli di attivare l'identificazione delle canzoni, useremo il microfono del telefono solo per identificare le canzoni che stai ascoltando in base alla musica che riusciamo a identificare».
Al momento il servizio "d'ascolto" è attivo solo negli Stati Uniti. Anche perché da noi violerebbe l'articolo 15 della Costituzione: «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge».
Ma se in Italia siamo al sicuro, perché sempre più persone – da tempo e ciclicamente – hanno impressione di essere "spiate" dal proprio cellulare? I motivi sarebbero diversi.
Uno è la cosiddetta "illusione di frequenza". È quell'inganno del cervello che ci fa vedere ovunque qualcosa di cui abbiamo parlato di recente o che abbiamo appena comprato (tipo: l'auto nuova). Per gli esperti del marketing, invece, spesso ci sentiamo spiati perché non vogliamo ammettere di essere soggetti facili da interpretare, e come tali rientriamo in un target perfettamente prevedibile. Insomma, le nostre idee e i nostri gusti, alla fin fine non sarebbero né così originali né così difficili da prevedere.
Qualcosa però non torna se Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, e il numero uno del Fbi hanno ammesso di coprire molto spesso con un nastro adesivo sia il microfono sia le telecamere dei propri smartphone. E se lo fanno loro c'è di che preoccuparsi. Tanto più che in arrivo ci sono sistemi per spiarci quando ci muoviamo nel digitale che ci lasceranno a bocca aperta. Ce ne occuperemo la settimana prossima.