Paranoia e psicopatologia della politica: vale solo il conflitto?
Per quanto sembri anacronistico, irreale e ridicolo, i due schieramenti politici, al primo contrasto, cedono subito alla tentazione di accusarsi di comunismo o fascismo, come se nell'Europa di oggi comunismo e fascismo fossero due possibilità, due pericoli politici reali: mentre sono soltanto delle psicopatologie. Al primo errore, ci si accusa di volere il lager o il gulag. Nel volume intitolato Paranoia e politica (Bollati Boringhieri) il nesso enunciato nel titolo viene preso molto sul serio da una decina di studiosi. Nell'introduzione Simona Forti e Marco Revelli affermano che «la categoria di paranoia ci è sembrata poter diventare una chiave di comprensione utile per il presente». Sembrerà troppo, ma non è così, se è vero che riaffiorano di continuo teorie paranoiche della cospirazione e del complotto: così la scena politica diventa un luogo «in cui le parti sono rigidamente assegnate, secondo un copione che ha dimenticato il riferimento alla realtà». Se il conflitto è la prima cosa, il primo compito è cementare la propria identità di parte, anche a scapito dei fatti.
Il mio sospetto è però che in Italia i politici, più che essere paranoici, facciano finta di esserlo. La paranoia, vera o finta, fa sempre paura all'avversario. È come dipingersi la faccia prima della battaglia.