La partenza, cinque anni fa, era stata incerta. Fu persino difficile trovare la giusta collocazione all’interno del palinsesto di Rai 1. Poi, dopo il passaggio da appuntamento settimanale in prima serata a quotidiano il pomeriggio dal lunedì al venerdì con repliche il sabato su Rai Premium, Il paradiso delle signore è diventato un fenomeno televisivo, raggiungendo una media di circa due milioni di telespettatori ogni giorno grazie a un pubblico in gran parte femminile e trasversale, nel senso che la serie prodotta da Rai Fiction e Aurora Tv ha messo d’accordo diverse generazioni di donne. Adesso, sempre dal lunedì al venerdì intorno alle 15.50, sono partiti i nuovi episodi dopo le repliche imposte dall’emergenza coronavirus. In ogni caso, il set del Paradiso delle signore è stato uno degli ultimi a chiudere e uno dei primi a riaprire dopo il lockdown. Dal 30 giugno è tornato in produzione per proseguire con le storie di personaggi che a vario titolo gravitano attorno all’omonimo grande magazzino milanese, teatro di amori, amicizie, sogni e aspirazioni, ma anche di sotterfugi, tradimenti e triangoli amorosi. Intanto, cinque anni sono passati nella realtà, ma anche nella finzione televisiva. Dal 1956, anno in cui è ambientata la prima stagione, siamo arrivati al biennio 1960–1961. Personaggi e attori sono cambiati. Diversi registi si sono alternati dietro la macchina da presa. Quello che non è cambiato è il mix di affari e sentimenti, più i secondi dei primi. E poi, come si è sentito dire da uno dei protagonisti in questi giorni, «quando ci sono di mezzo i sentimenti ci confondiamo tutti». Anche il pubblico di Rai 1 deve essere rimasto imbrigliato in questa che è una delle più classiche soap opera, tutta girata in studio, seguendo più personaggi in parallelo, basandosi quasi esclusivamente sul dialogo, una sorta di fotoromanzo, ma con una scrittura capace di creare emozioni, sia pure a buon mercato, e colpi di scena, con sullo sfondo l’Italia del boom economico le cui trasformazioni, però, si colgono solo nell’auto d’epoca, nella mobilia e, per forza di cose, nell’abbigliamento. Che poi Il paradiso delle signore si ispiri lontanamente al romanzo ottocentesco di Émile Zola è tutt’altro discorso.