Pappano e Santa Cecilia scuotono l'anima con il «Requiem» di Verdi
La registrazione vede impegnate le compagini corali e orchestrali dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia insieme con un eccellente cast di cantanti solisti dal forte temperamento melodrammatico (composto da Ania Harteros, Sonia Ganassi, Rolando Villazón e René Pape) e il maestro inglese tesse le fila di questo capolavoro spingendo al massimo i contrasti timbrici e le dinamiche sonore verso una dimensione "altra", in cui i sottovoce indicati in partitura si stentano quasi a percepire e i fortissimo tendono a sfondare la barriera del suono; ma soprattutto ponendo l'accento sulle contrapposizioni tra le masse vocali e quelle strumentali, nelle pause di riflessione e nei silenzi di meditazione imposti dall'interno dell'opera, caricando di un significato ultraterreno ogni passaggio saliente del Requiem.
E così l'apocalittico Dies irae rappresenta davvero il giorno dell'ira in cui l'arbitro supremo verrà a giudicare ogni cosa; il Rex tremendae maiestatis è realmente il sovrano di terribile grandezza che tiene tra le mani il destino delle anime dei defunti; l'Ingemisco tamquam reus è il pianto intriso di lacrime di pentimento di chi conosce la colpa e ne prova vergogna; il Lux aeterna è una toccante invocazione di pace e misericordia carica di speranza, mentre nel vortice del Libera me finale si rispecchia la sintesi del turbinio di preghiere e stati d'animo contrastanti che esprimono il fulcro emotivo della celebrazione liturgica dei defunti.
Musica sacra destinata a una sala da concerto o opera lirica da eseguire tra le navate di una chiesa? Pappano non si lascia distrarre da questioni formali di genere o di etichetta, ma preferisce arrivare diretto al cuore dell'ascoltatore, e tra michelangioleschi squarci di luci e tenebre lo conduce dinnanzi al senso di sproporzione e di mistero che ogni giorno va in scena sulla ribalta della nostra vita quotidiana.