Uno dei migliori fra i giovani italianisti e critici letterari, Raffaello Palumbo Mosca, torinese con esperienze universitarie internazionali (Stati Uniti, Inghilterra) pubblica ora un libro avventuroso, anomalo e per me, che sono un romano antiromano e distratto, particolarmente istruttivo: Roma di carta. Guida letteraria della città (il Palindromo, pagine 164, euro 15,00). Un libro da cui sono stato quasi ipnotizzato e che invidio per due ragioni. La prima è che l'autore ha avuto il privilegio di vedere e studiare Roma come un pianeta sconosciuto, non essendoci nato e non avendola sofferta fin dall'infanzia. La seconda ragione di invidia è che indagando Roma attraverso gli scrittori, Palumbo Mosca può fare il critico un po' clandestinamente, non proprio come professionista ma con la mano sinistra, cioè con la libertà di chi si serve della letteratura guardando alle cose di cui la letteratura si è occupata e appassionata: che è, secondo me, il modo più utile e felice di fare anche critica letteraria. Come tutte le città della vecchia Europa e più di altre, Roma è un vertiginoso palinsesto su cui le epoche storiche hanno continuato a raccontare se stesse cancellandosi o convivendo. Una stratificazione archeologica, architettonica, urbanistica, sociale e infine letteraria. Roma di carta allinea e mette in competizione Stendhal e Belli, Leopardi e Henry James, D'Annunzio e Gadda, Prezzolini, Palazzeschi, Praz, Carlo Levi, Moravia, Morante, Pasolini, fino a Walter Siti, Lodoli, Trevi e diversi altri. Storia remota a parte, sembra che negli ultimi tempi Roma abbia messo in moto una quantità di autori che ci sono nati e ci vivono. Chi ci vive fa fatica a guardare, osservare, descrivere la città. Ne è piuttosto dominato, impregnato, ubriacato, sfinito… Benché “eterna” e in sostanza immobile e fiacca, Roma finge bene il movimento, la vitalità, il dinamismo. Ho sentito con sorpresa che a chi ci viene da fuori restandoci qualche giorno, Roma trasmette una specie di scossa elettrica, mentre a chi ci è nato e ci vive da tempo la città non promette altro che una caotica, snervante teatralità. Si vive dentro scenografie smodate e illusionistiche in cui qualunque agire sembra inutile, impari, effimero. Al viaggiatore che arriva e riparte presto, Roma promette invece qualcosa di indefinibilmente grandioso. Possibilità per lo più irreali che si vanificano nel momento in cui si tenta di realizzarle.