Torna nelle “Silerchie” del Saggiatore (gloriosa collana che Giacomo Debenedetti inventò negli anni Cinquanta) il famoso poemetto La ragazza Carla di Elio Pagliarani , scritto fra il 1954 e il 1957, pubblicato in un volumetto Mondadori nel 1962, apprezzato da Pasolini, da Fortini, da Sereni e poi divenuto un muro maestro della poesia di neoavanguardia. Lo stile di Pagliarani fu definito da Edoardo Sanguineti (suo sodale e un po' rivale) «sperimentalismo realistico» e collocato in una linea volutamente antilirica, epico-drammatica accanto a Lavorare stanca (1936) di Pavese e alle Ceneri di Gramsci (1957) di Pasolini. Il lirismo melodico-visionario dei poeti ermetici era da tempo sotto processo. La poesia ora imparava dalla prosa, il neorealismo acquistava maggiore consapevolezza tecnica ispirandosi a quelli che ormai erano considerati classici sia della poesia moderna che della critica sociale e dell'impegno politico, Eliot, Majakovskij, Lorca, Brecht. Il contesto di allora lo spiega a modo suo Aldo Nove nella prefazione. Pagliarani fornì con La ragazza Carla un contributo decisivo a quel cambiamento di rotta, parallelamente e di poco in anticipo rispetto a poeti, anche loro ambientati nella Milano del “miracolo economico”, come Giovanni Giudici e Giancarlo Majorino. Il lettore del poemetto capisce subito che quella lingua, quella ritmica non si sa bene se siano più narrative o teatrali. La vocalità in Pagliarani ha sempre contato molto. A leggerle silenziosamente si ha sempre l'impressione che alle pagine stampate manchi qualcosa: la tridimensionalità della scena, la voce recitante, la dissonante polifonia. La storia di Carla è triste. Una povera diciassettenne che alle scuole serali impara stenodattilografia e si impiega in una ditta di Import Export «all'ombra del Duomo». Carla è «sensibile scontrosa impreparata / si perde e tira avanti, senza dire / una volta mi piace o non lo voglio». Vittima della famiglia, del lavoro, degli uomini, mentre il grande mondo internazionale sembra sempre in guerra, fredda o calda che sia. «No, no, no – Carla è in fuga negando»: e questo sembra dire tutto. Nella sua spoglia, desolata e potente lingua antiletteraria, il poemetto di Pagliarani è un canto in difesa di una fragile, giovane vita femminile offesa.