Pace, la profezia dei Papi inascoltata dai Grandi
È sempre stato così. Senza andare troppo indietro nel tempo, nel 1982 Giovanni Paolo II, in procinto di andare in visita in Gran Bretagna mentre la flotta britannica era già in rotta verso le isole Falkland occupate dagli argentini che ne rivendicavano il possesso, volle aggiungere all'ultimo minuto una tappa a Buenos Aires per ribadire a entrambi i contendenti il suo invito alla pace. E nel 1991, cinque giorni prima della scoppio della prima guerra del Golfo, nel discorso di inizio anno al corpo diplomatico presso la Santa Sede, disse che «le esigenze di umanità ci chiedono di andare risolutamente verso l'assoluta proscrizione alla guerra e di coltivare la pace come bene supremo».
Era il culmine di oltre cinquanta appelli, tutti caduti nel vuoto. E tali sarebbero rimasti anche quelli contro la guerra nei Balcani tra il 1991 e il 1995, il Kosovo nel 1999, l'Afghanistan nel 2001, e ancora l'Iraq nel 2003. Rimase sempre isolato, bollato come uno "fuori dalla realtà", come un inguaribile irenista. Non lo era, e si prodigò in tutti i modi possibili per la pace, e di fronte alle pulizie etniche nei Balcani arrivò anche a definire la dottrina dell'"ingerenza umanitaria", ossia il dovere di intervenire a protezione dei civili. Restò sempre inascoltato.
Lo stesso sta facendo Francesco, che da prima dell'inizio della guerra si sta prodigando in tutti i modi per la pace. E anche lui ha assicurato che «la Santa Sede è disposta a fare di tutto, a mettersi al servizio per questa pace». E proprio in questi giorni, ha aggiunto, «sono andati in Ucraina due Cardinali, per servire il popolo, per aiutare. Il cardinale Krajewski, Elemosiniere, per portare gli aiuti ai bisognosi, e il cardinale Czerny, Prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Questa presenza dei due cardinali lì è la presenza non solo del Papa, ma di tutto il popolo cristiano che vuole avvicinarsi e dire: "La guerra è una pazzia! Fermatevi, per favore! Guardate questa crudeltà!"». In questo popolo ci siamo anche noi. Senza mai dimenticare che in quel fiume di sangue c'è anche quello dei soldati russi.