Miliardi di ossi di pollo, altro che ardue sentenze. Ecco cosa lasceremo ai posteri. A dircelo è David Farrier, ricercatore della Scuola di Letterature, linguaggi e culture all’Università di Edimburgo e autore di Footprints: in Search of Future Fossils, un saggio che riflette su quali tracce della nostra società industriale troverà chi verrà dopo di noi. Sembra impossibile considerando il tasso di presuntuosità che ci circonda, ma dobbiamo rassegnarci all’idea che tutto il nostro essere in un lontanissimo futuro apparirà solo come uno strato di appena un paio di metri nelle profondità della Terra. A comporlo saranno soprattutto elementi sintetici come la plastica e singolari “fossili” come le lattine di alluminio. E miliardi di ossi di pollo. «Ogni anno – spiega Farrier – consumiamo infatti 60 miliardi di polli, i cui resti spesso finiscono nelle discariche in sacchetti o confezioni di plastica che li difenderanno dalle ingiurie del tempo. Queste ossa saranno ritrovate ovunque, e assai più di frequente, visti i numeri spaventosi, delle ossa umane». Dunque, se vogliamo imparare a diventare buoni antenati dell’umanità futura, occorrerà attrezzarsi. Per smettere di mangiare il pollo, specie con le mani, forse siamo già in ritardo. Ma per piantare più fiori e meno arroganza, probabilmente siamo ancora in tempo. Facciamolo per i posteri, almeno.