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iazza San Pietro, 2 aprile 2005 - «Lassù, la seconda da destra, all'ultimo piano. Quella con le tende chiuse». All'ora della chiusura degli uffici i romani, a rivoli, poi come un fiume, convergono verso il Colonnato. Si indicano l'un l'altro la finestra dietro la quale Giovanni Paolo II sta morendo. Nella sera di primavera prende forza la voce corale del Rosario, mentre i ragazzi sotto a quella finestra intonano ancora: «Gio-van-ni-Pao-lo! Gio-van-ni Pao-lo!» - come quando da bambini si chiama dalla strada un compagno, perché scenda a giocare. Poi, l'annuncio colpisce la piazza come un pugno. Suonano a morto le campane. Sulle facce dei più giovani, ora, l'impronta di uno schiaffo bruciante. Molti a tarda notte s'addormentano sfiniti nei sacchi a pelo, sotto alle colonne, come non volendo lasciare il capezzale di un padre. Intanto arrivano i primi polacchi, e i ragazzi del Sud, studenti, baristi che a sera hanno calato la saracinesca e, stretti in cinque su un'utilitaria, sono corsi qui.All'alba, infreddoliti, hanno facce da orfani. Solo col buio della notte hanno capito davvero. «E adesso?» si domandano, smarriti. Il sole inonda il Colonnato, e Roma, dolente, torna a vivere. Ma per questi ragazzi è il primo urto della morte. E sembrano bambini, e verrebbe da abbracciarli.